Alla vigilia dell’incontro di ferragosto tra Trump e Putin in Alaska vi propongo la traduzione di un articolo scritto da uno storico statunitense di origini ucraine che presenta posizioni assai simili a quelle che noi di Rifondazione Comunista abbiamo sostenuto dall’inizio del confitto e che abbiamo riassunto nello slogan “Contro la NATO e contro Putin” e prima ancora “nè con la Nato nè con Putin”, posizione che suscitò la polemica del guerrafondaio filo NATO Antonio Polito del Corriere della Sera (trovate qui la mia risposta). L’autore, come ho fatto ripetutamente in questi anni, ricorda le posizioni di Lenin sull’Ucraina. L’articolo seppur datato mi sembra un’utile lettura. Su questo blog trovate molti articoli sulla guerra in Ucraina. Buona lettura!
Ho sempre pensato che gli abitanti di questo Paese soffrano di una generale ignoranza storica. Questo perché, con vasti oceani come confini, vicini sempre amichevoli e nessuna esperienza di invasioni, vivendo in un Paese che ha sempre incoraggiato l’assimilazione, compresa l’accettazione dell’“eccezionalità americana”, istruiti attraverso un sistema educativo che evita di insegnare la storia degli Stati Uniti con un minimo di credibilità per non turbare nessuno, non sono mai stati incoraggiati a pensare in modo critico al passato. Porre domande. Sollevare obiezioni, non necessariamente su ciò che è accaduto, ma su come interpretare e descrivere ciò che è accaduto, non è naturale per loro.
L’Ucraina è un luogo che poche persone in questo Paese riescono a trovare su una mappa. Molti meno hanno idea di quando e come sia nato lo Stato ucraino, o di come si sia relazionato con i suoi vicini nel corso del tempo. Quindi potrei inventare una qualsiasi narrazione a caso, inserendo qua e là frammenti di verità, e forse la maggior parte dei miei ascoltatori annuirebbe di buon grado alla mia presentazione, che non trova difetti. Ci sono moltissimi elementi con cui lavorare e con cui giocare quando si tratta della storia dell’Ucraina.
Nel 2014, senza aver prestato molta attenzione all’Ucraina fino a quel momento, gli abitanti di questa nazione (che si autodefiniscono americani e altro) sono stati informati dalle fonti più autorevoli che conoscevano, ovvero i conduttori e i commentatori dei telegiornali via cavo. È stata loro impartita una lezione di storia più o meno così: l’Ucraina è sempre stata oppressa dalla Russia. È stata colonizzata dalla Russia per secoli. La Russia, anche dopo la fine dell’Unione Sovietica, vuole ancora controllare l’Ucraina! Quindi ha risposto alla rivoluzione popolare di Kiev, espressione del desiderio degli ucraini di realizzare le loro “aspirazioni europee”, invadendo l’Ucraina!
Tutto questo è stato enunciato con un tono di indignata solennità e autorità morale tale che immagino la maggior parte delle persone ci abbia creduto. Il fatto è che Mosca, dopo aver ripetutamente espresso allarme per l’inesorabile espansione della NATO verso i suoi confini dal 1999, dopo aver dichiarato nel 2008 che l’inclusione della Georgia e dell’Ucraina nella NATO era una questione “irrinunciabile”, avendo affrontato con frustrazione l’annuncio degli Stati Uniti, subito dopo, che l’Ucraina e la Georgia avrebbero aderito indipendentemente dall’opinione di Mosca in merito, avendo chiarito la sua posizione con la breve invasione della Georgia nel 2008 (per porre fine alle discussioni sull’adesione della Georgia), avendo assistito a un colpo di Stato sostenuto dagli Stati Uniti che ha rovesciato un presidente amico della Russia sostituendolo con una cricca filo-NATO, ha ri-annesso la Crimea (non solo russa dal 1783 al 1954, ma ancora principale porto navale della Russia, allora in affitto dalla Crimea e ambito dalla NATO) e ha sostenuto i separatisti nella popolazione prevalentemente russofona della regione del Donbass, principalmente per impedire un’ulteriore espansione della NATO.
Nel mondo reale, la NATO è in prima linea. Nel mondo della propaganda imperialista, la NATO non c’entra nulla, le preoccupazioni espresse dalla Russia sono ridicole e, in ogni caso, ogni paese ha il diritto di aderire a un’alleanza difensiva!
Ora sentiamo dagli stessi vecchi conduttori televisivi e dai loro ospiti (ex funzionari del Dipartimento di Stato e della “Difesa”, “corrispondenti esteri senior” e propagandisti imperialisti ancora richiesti nonostante la loro ricca storia di diffusione di menzogne) la versione aggiornata della linea ufficiale. È più o meno questa: la Russia ha superato il limite! Ha invaso un Paese sovrano! Perché Putin vuole far rivivere l’Impero russo! (Spesso questo viene reso con “La Russia ha invaso DI NUOVO”, dando al commentatore l’opportunità di spiegare perché anche l’annessione incruenta della Crimea fosse un’invasione. Lo stesso vale per l’assistenza al Donbass).
Nel mondo reale, dagli anni ’90 gli Stati Uniti hanno agito sulla scena internazionale con l’obiettivo di circondare la Russia con la forza militare più minacciosa della storia mondiale. Hanno ampliato la NATO da 16 a 28 membri, senza alcuna minaccia reale per se stessi, confinando con la Russia sulla costa baltica e minacciando di circondarla completamente. Hanno usato la NATO per fare la guerra in Serbia, Afghanistan, Libia e Siria, e in quest’ultimo caso sono intervenuti illegalmente nel tentativo fallito (ma riuscito infine nel 2025, nota del traduttore) di prendere il controllo di un alleato storico della Russia.
Nessuno sano di mente può asserire che la Russia possa competere con gli Stati Uniti in termini di arroganza imperiale. Certamente non in questo secolo.
Nel mondo reale, Biden è diventato presidente determinato sia a riaffermare la “leadership globale” degli Stati Uniti sia a continuare l’espansione della NATO. La sua campagna elettorale del 2020 ci ha ricordato che credeva in questa causa. Ed era chiaro che aveva un interesse particolare a coinvolgere l’Ucraina, il che significava convincere la Germania e altri membri della NATO poco entusiasti ad accettare che l’Ucraina avesse ripulito la corruzione abbastanza da ottenere l’approvazione. Ha inviato il suo segretario di Stato Anthony Blinken, che come consigliere di politica estera di Biden lo aveva esortato nel 2002 a sostenere la guerra di Bush contro l’Iraq, a persuadere i tedeschi che il loro gasdotto verso la Russia minacciava l’unità della NATO! Nel frattempo, il burattino degli Stati Uniti e segretario generale della NATO Stoltenberg ha visitato Kiev per assicurare all’Ucraina che sarà effettivamente ammessa alla NATO. E le armi hanno cominciato ad affluire in Ucraina.
Putin considerava tutto questo più minaccioso che mai. Ha ammassato una forza militare al confine con l’Ucraina. Biden ha cercato di riunire gli alleati europei in una risposta comune. Mentre avvertiva di un’imminente invasione, gli alleati, riflettendo sulla storia recente, hanno espresso un certo scetticismo e diversi leader, ciascuno a modo proprio, hanno cercato di trovare una soluzione pacifica. Ma non si è mai parlato di ritirare l’offerta all’Ucraina o di accettare un congelamento dell’espansione della NATO. I leader russi si sono lamentati di parlare al vento o che le due parti parlassero lingue diverse. I russi parlavano della loro sicurezza e della necessità di difendere i propri confini; il presidente degli Stati Uniti parlava del suo diritto di espandere l’alleanza a suo piacimento.
Per i media statunitensi, ciò che vediamo qui è un conflitto chiaramente delineato tra il Bene e il Male, o nella concezione da maestrina di Blinken “Democrazia contro Autocrazia”. Quello che vedo io sono due mali, nessuno dei quali democratico, impegnati in un conflitto per la brama di ulteriore espansione del male più potente. Entrambi i mali hanno i loro media controllati e i mezzi per plasmare la coscienza pubblica.
I media russi stanno promuovendo quella che i media statunitensi descrivono come una visione completamente distorta della storia ucraina. Senza soffermarci sulle credenziali dei giornalisti della CNN per discernere le distorsioni nella storia di chiunque, diamo un’occhiata a ciò che ha detto Putin. (Confesso di non aver visto una trascrizione, forse un segno che il discorso potrebbe non contenere alcune delle cose che sono state riportate; la stampa borghese inventa citazioni continuamente. Molti pensano ancora che il presidente iraniano Ahmadinejad abbia detto: “Cancelleremo Israele dalla mappa!”, non so se riuscite a immaginarlo). Questo è ciò che ho capito.
Putin avrebbe affermato che l’Ucraina non è mai stata un vero Stato. Questo non è vero. Sarebbe corretto dire che l’Ucraina non è uno Stato di grande antichità, come l’Inghilterra dal 927, la Francia dal 987, la Russia dall’862. Fu colonizzata dai popoli celtici e germanici prima di diventare il cuore di un impero turco chiamato Khazaria nell’VIII secolo. La sua élite dominante abbracciò l’ebraismo come fede nazionale, mentre l’Impero bizantino promuoveva il cristianesimo ortodosso e gli ebrei bizantini si stabilirono in gran numero nell’impero. L’Impero Khazar cadde nel X secolo quando la Rus’ slavo-scandinava stabilì la sua capitale a Kiev. Quattro secoli dopo Mosca divenne la capitale dello Stato russo.
Nel frattempo, la Rus’ di Kiev crollò durante le invasioni mongole e quella che oggi è l’Ucraina fu divisa tra l’Orda d’Oro, i Tartari di Crimea e lo Stato lituano-polacco. Quest’ultima parte divenne, con un trattato del 1654, una provincia russa. Dopo la Rivoluzione russa del 1917, i bolscevichi riconobbero la provincia come stato, una repubblica socialista sovietica, espandendone i confini fino a includere gran parte del territorio abitato da russi di lingua russa. La penisola di Crimea fu ceduta all’Ucraina dalla Russia, quando entrambi i territori erano sotto l’URSS, nel 1954.
L’Ucraina è stata abitata e attraversata da Sciti, Celti, popolazioni germaniche, Unni, Cazari, Mongoli e Slavi. Data la sua storia di incorporazione in diversi stati, presenta regioni con una numerosa popolazione tedesca o ungherese. A meno che non si consideri la dipendenza polacco-lituana uno stato, o la provincia russa dell’Ucraina uno stato indipendente, il primo stato ucraino indipendente – o almeno la più vicina approssimazione a uno stato indipendente finora – è stata la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. La Russia chiese che l’Ucraina fosse considerata uno Stato indipendente sulla scena mondiale e le assegnò un seggio separato alle Nazioni Unite. Insieme alla Bielorussia, era una delle repubbliche socialiste sovietiche più vicine a Mosca e la più riluttante a ritirarsi dall’Unione quando Boris Eltsin la sciolse unilateralmente, ritirando la Russia stessa. Una volta stabilita nella sua configurazione attuale, l’Ucraina accettò di abbandonare il proprio arsenale nucleare e stipulò un accordo di locazione a lungo termine con la Russia che riguardava l’importante base navale di Crimea.
Quando Putin fa riferimento a questa storia, o almeno ad alcuni aspetti di essa, non sta sfornando bugie al livello del diligente giornalista televisivo statunitense che ci ha parlato del coinvolgimento di Saddam Hussein nell’11 settembre; dei piani dell’Iran di costruire armi nucleari; o della minaccia di un imminente genocidio in Kosovo, Libia o Siria. Ma sta distorcendo e semplificando eccessivamente per sminuire il nazionalismo ucraino in generale e associarlo facilmente al fascismo. Così descrive l’attuale invasione come un’operazione di “denazificazione”, mentre i commentatori di questo Paese ridicolizzano l’accusa.
Nel mondo reale, i movimenti fascisti ucraini esistono e sono stati sicuramente in primo piano durante il colpo di Stato di Maidan nel 2014. Hanno svolto un ruolo chiave nel rovesciamento violento di un governo eletto, sotto l’occhio vigile di Victoria Nuland. In alcuni ambienti rimane ancora molto sostegno per il leader nazionalista Stepan Bandera, che durante la guerra sposò l’ideologia fascista e contribuì alla deportazione degli ebrei ucraini nei campi di sterminio nazisti. Chiunque presti attenzione si rende conto che ci sono elementi fascisti nell’esercito (l’intero battaglione Azov) e che i partiti fascisti, sebbene piccoli e con scarsa influenza elettorale, sono stati in grado di ostacolare l’attuazione degli ormai defunti accordi di Minsk. Quindi, sì, c’è un movimento fascista in Ucraina e ha una lunga storia.
Ma il movimento di resistenza in Ucraina sembra essere qualcosa di diverso. E sta facendo pensare che Putin stia esagerando la questione fascista, per quanto reale, per evocare i ricordi russi della Grande Guerra Patriottica (1941-1945), nota anche come Guerra Antifascista. Le battaglie cruciali di questa guerra furono combattute sul suolo ucraino, dove alcune comunità locali si schierarono con i fascisti e abbracciarono la russofobia dei nazisti. Putin vuole essenzializzare gli ucraini come inclini al fascismo, che ora collaborano nuovamente con i nemici della Russia. Questo sforzo potrebbe ritorcersi contro i russi che si rendono conto che gli ucraini sono divisi politicamente e ideologicamente tra loro e che in ogni caso non meritano la caratterizzazione di Putin.
L’elemento più interessante della presentazione di Putin è l’idea che Lenin e i comunisti – che egli ha chiaramente dichiarato di disprezzare, in quanto vero figlio della Chiesa ortodossa russa – siano responsabili del terribile errore di aver creato uno Stato ucraino sulla base della vecchia Repubblica Socialista Sovietica Ucraina! Secondo lui, questa sarebbe l’origine del problema attuale. Lenin, nella sua condanna della Russia zarista come «prigione delle nazioni», nel suo impegno per l’internazionalismo proletario e per l’autodeterminazione delle nazioni, aveva stupidamente permesso la formazione di una repubblica ucraina. Questo Stato poteva, secondo la costituzione sovietica, uscire dall’unione se avesse smesso di servire i suoi bisogni. Così Putin spiega l’origine del problema.
Nel mondo reale, l’ex capo di Putin, Boris Eltsin, guidava la Russia quando fu questa, e non l’Ucraina, a lasciare l’URSS. Il Soviet Supremo confermò la legalità del ritiro, così come aveva approvato l’uscita delle Repubbliche Socialiste Sovietiche baltiche. All’Ucraina non restò altra alternativa che dichiarare la propria indipendenza. Colpiti contemporaneamente dallo stesso processo confuso, russi e ucraini mantennero relazioni amichevoli; il semplice fatto della nuova indipendenza reciproca non rappresentò un grosso problema per i rapporti. Le relazioni si sono deteriorate solo quando, a partire dal 2005 circa, i leader ucraini hanno chiesto l’adesione alla NATO. Nel 2010 fu eletto democraticamente un presidente anti-NATO; il Dipartimento di Stato americano supervisionò un massiccio sforzo di cambio di regime per dipingerlo come corrotto, anti-UE, ostacolo alle “aspirazioni europee dell’Ucraina”. Riuscì a cacciarlo e, in una certa misura, riuscì anche a dipingere il colpo di Stato di Maidan, agli occhi del popolo di questo paese, come un movimento democratico di massa contro un burattino corrotto della Russia.
Il fatto che Putin sia un creatore di miti spudorato e amorale non è il problema. E nemmeno il suo anticomunismo. Se ci soffermiamo sul male che rappresenta, rischiamo di unirci ai creatori di miti spudorati e amorali che circondano Biden. Rischiamo di soccombere alla visione semplicistica del mondo di Blinken (che non è migliore dell’assurdità biblica di George W. Bush “o sei con noi o contro di noi”) come un mondo diviso tra il Bene (‘Democrazia’) e il Male (“Autocrazia”) e alla conclusione che per combattere il secondo dobbiamo unirci al primo.
Se Lenin fosse vivo oggi, senza dubbio sottolineerebbe che la Russia odierna, così come gli Stati Uniti, è un paese capitalista-imperialista. Promuoverebbe (come fece durante la prima guerra mondiale) una strategia di “disfattismo rivoluzionario”, basata sull’aspettativa che la sconfitta in guerra indebolirebbe lo Stato borghese (attuale Russia), consentendo una rivoluzione operaia. Esorterebbe allo stesso modo i lavoratori ucraini di tutte le nazionalità. Metterebbe in guardia, come fece allora, contro lo “sciovinismo della Grande Russia”. Putin, ancora una volta, rifiuta tutto questo. È un nazionalista russo con una (molto tradizionale) preoccupazione russa per la sicurezza dei confini. (Se vi chiedete perché sia tradizionale, 1. guardate una mappa; 2. leggete Guerra e pace di Tolstoj). È deprecabile, ma la sua richiesta che la NATO cessi l’espansione è estremamente ragionevole e il desiderio di Biden di espanderla sembra ogni giorno più folle.
Come dovrebbe vedere questa situazione un marxista? La contraddizione principale qui non è certamente quella tra “democrazia” e “autocrazia”, anche se è significativo che gli opinionisti debbano esprimersi in termini così primitivi, come se si rivolgessero a una classe di terza elementare. È il desiderio degli Stati Uniti post-guerra fredda di mantenere ed espandere il proprio “dominio a tutto campo” come unica superpotenza del pianeta, in grado di utilizzare le proprie terrificanti risorse militari, il controllo sul sistema bancario mondiale, l’accesso alle comunicazioni private ovunque, la manipolazione del flusso di informazioni e tutte le risorse disponibili per impedire l’emergere di qualsiasi rivale, contro la Russia post-guerra fredda, anch’essa una potenza capitalista, guidata dagli stessi imperativi fondamentali degli Stati Uniti e con un arsenale simile di strumenti per perseguire i propri “interessi nazionali” (che ora, ovviamente, sono gli interessi della borghesia russa).
Ripeto: non è la democrazia, guidata dal leader del mondo libero, contro l’autocrazia, guidata da Putin (o Putin e Xi, o Putin, Xi e il nuovo leader iraniano). No. È una superpotenza capitalista-imperialista in espansione, uno dei paesi più razzisti, oppressivi e violenti del mondo, determinato a espandersi a spese della Russia, contro una potenza capitalista-imperialista di medio livello determinata a fermare l’espansione della NATO fino ai suoi confini.
Un po’ come se gli Stati Uniti fossero determinati a impedire che il Patto di Varsavia, quando esisteva, si espandesse fino a includere Messico e Canada. Se cercate analogie davvero appropriate, soffermatevi su questa.
La cosa peggiore che potrebbe accadere – e che in realtà sta già accadendo – è che i sostenitori della sinistra con una comprensione superficiale giungano alla conclusione che, in questo caso specifico, sì, dovremmo sostenere le crescenti sanzioni, rallegrarci della sospensione del Nord Stream II (non era stato ancora fatto esplodere dalla CIA, nota del traduttore), approvare la spedizione di ulteriori armi, comprese quelle provenienti dalla Germania. Perché in questo caso è la Russia l’aggressore! Tali pensieri, che riflettono una totale ignoranza del contesto storico (reale), sono pericolosi quanto l’invasione stessa.
L’unità con Biden, che ha sostenuto tutte le guerre della NATO, compresa quella contro l’Iraq basata su menzogne, e che rifiuta persino di pensare a un mondo senza un’espansione della NATO, contro Putin che ha protestato (comprensibilmente!) con crescente intensità contro l’espansione della NATO nei paesi europei confinanti con la Russia, è impossibile per un marxista o per qualsiasi anti-imperialista coerente. Non che diciamo: «Una piaga su entrambe le vostre case», poiché non auguriamo a nessuno un’epidemia. Dovremmo dire: i lavoratori del mondo NON hanno patria. Quando ce l’avremo, potremo parlare di difenderla.
Spero vivamente, e non mi sorprenderebbe, che l’attacco di Putin a Lenin abbia provocato indignazione tra i russi che continuano a leggere le opere di Lenin. Come “Il diritto delle nazioni all’autodeterminazione” (1914), “Sull’orgoglio nazionale dei grandi russi” (1914) e “L’Ucraina” (1917). In quest’ultimo saggio, Lenin scrisse:
… Il popolo ucraino non desidera attualmente separarsi dalla Russia. Esige l’autonomia senza negare la necessità dell’autorità suprema del «Parlamento panrusso». Nessun democratico, tanto meno un socialista, oserebbe negare la completa legittimità delle richieste dell’Ucraina. E nessun democratico può negare il diritto dell’Ucraina di separarsi liberamente dalla Russia. Solo il riconoscimento incondizionato di questo diritto rende possibile sostenere una libera unione tra ucraini e grandi russi, un’associazione volontaria dei due popoli in un unico Stato. Solo il riconoscimento incondizionato di questo diritto può effettivamente rompere in modo completo e irrevocabile con il maledetto passato zarista, quando tutto era fatto per provocare un reciproco allontanamento dei due popoli così vicini tra loro per lingua, territorio, carattere e storia. Il maledetto zarismo ha reso i grandi russi carnefici del popolo ucraino e ha fomentato in loro l’odio verso coloro che proibivano persino ai bambini ucraini di parlare e studiare nella loro lingua madre.
I democratici rivoluzionari russi, se vogliono essere veramente rivoluzionari e veramente democratici, devono rompere con quel passato, devono riconquistare per sé stessi, per i lavoratori e i contadini della Russia, la fiducia fraterna dei lavoratori e dei contadini ucraini. Ciò non può essere fatto senza il pieno riconoscimento dei diritti dell’Ucraina, compreso il diritto alla libera secessione.
Non siamo favorevoli all’esistenza di piccoli Stati. Siamo a favore della più stretta unione dei lavoratori del mondo contro i “propri” capitalisti e quelli di tutti gli altri paesi. Ma affinché questa unione sia volontaria, il lavoratore russo, che non si fida minimamente della borghesia russa o ucraina, ora difende il diritto degli ucraini alla secessione, senza imporre loro la propria amicizia, ma cercando di conquistarla trattandoli come pari, come alleati e fratelli nella lotta per il socialismo.
Putin ha attaccato questa visione, e in particolare la visione “comunista” del diritto all’autodeterminazione. Utilizza alcuni fatti (come l’assorbimento storico dell’Ucraina in entità più grandi) per negare l’identità nazionale degli ucraini, trattandoli paradossalmente come una sottocategoria dei russi e allo stesso tempo infestati da neofascisti russofobi. Qui è lui a sembrare fascista, mentre Biden si atteggia a difensore dignitoso dell'”ordine mondiale basato sulle regole”.
Questo è l’ordine che la Russia presumibilmente ha minacciato più degli Stati Uniti dall’inizio dell’espansione della NATO dopo la Guerra Fredda nel 1999, lo stesso anno in cui gli Stati Uniti e la NATO hanno intrapreso una guerra criminale contro la Serbia per creare un nuovo Stato in aperto contrasto con tutte quelle regole. Ma in realtà sono stati gli Stati Uniti l’aggressore, mentre la Russia è stata la parte minacciata, per un quarto di secolo. L’espansione della NATO è avvenuta nell’ombra, ben al di sotto del radar dell’attenzione e dell’interesse pubblico. Ora finalmente diventa oggetto di discussione perché Putin ha fatto in modo che fosse così.
Ma ora, direte voi, non è il momento migliore per condannare la NATO. Verremo accusati di tradimento. Ma no; ora che la questione è sul tavolo, questo potrebbe essere un momento educativo. Potremmo dire: “Beh, almeno questa volta l’America è dalla parte giusta!”. Ma non è così. Sta cercando di salvare un progetto in corso e, qualunque cosa accada, in questo round, si prepara a un grande conflitto futuro, vincolando ulteriormente la Germania al suo diktat, corteggiando Finlandia e Svezia affinché entrino nella NATO, schierando più truppe in Polonia e Romania, ecc. Quello che dovremmo dire è: si tratta di imperialismo e dell’espansione della NATO come strumento dell’imperialismo statunitense. Si tratta anche di sciovinismo russo, ma più che altro di preoccupazioni molto reali per la sicurezza della Russia. E della rabbia per il fatto che le proteste russe hanno ricevuto solo riferimenti beffardi al diritto delle nazioni di stringere le proprie alleanze.
La cosa migliore che possiamo fare per sostenere il popolo ucraino (esclusi gli elementi fascisti, incluso il Battaglione Azov) è chiedere al “nostro” Paese di tenere le mani lontane dall’Ucraina, di smettere di interferire nei suoi affari, di porre fine definitivamente all’allargamento della NATO e di ritirare l’invito all’Ucraina ad aderire. Bisognerebbe anche chiedere la rimozione della guerrafondaia Victoria Newland (nota anche come Vicky “Fanculo l’UE!”) dal suo incarico al Dipartimento di Stato. Quanto al popolo russo, auguriamo loro di organizzarsi contro la propria oppressione, evitando qualsiasi associazione con i tentativi statunitensi di cambio di regime.
Ricordiamo che gli Stati Uniti ADORAVANO Boris Eltsin negli anni ’90, mentre la Russia sprofondava nella miseria più totale sotto il capitalismo oligarchico. Ricordiamo come Clinton organizzò un prestito del FMI per assicurare la vittoria di Eltsin nelle elezioni del 1996, che sembravano destinate a essere vinte da un “comunista”. Eltsin, che bombardò il palazzo del parlamento russo quando la Duma rifiutò di sciogliersi su suo ordine, era l’idea di Washington di un ottimo partner russo, che avrebbe protestato solo timidamente quando Clinton ampliò la NATO e la utilizzò per il bombardamento aereo della prima città europea ad essere attaccata dal 1945. (Perché lo dico? Perché i giornalisti continuano a dire che il bombardamento russo in Ucraina è il primo. Mentono. In realtà, il bombardamento dell’Ucraina è in un certo senso una risposta al precedente bombardamento della Serbia).
Ciò che gli Stati Uniti non possono tollerare nel successore di Eltsin è la sua persistente opposizione all’espansione della NATO. Pertanto, egli viene descritto come un autocrate (a differenza degli alleati degli Stati Uniti che rientrano in questa categoria), un mostro morale (a differenza del principe ereditario saudita) e una fonte di corruzione che sottrae miliardi. Non veniva descritto in questo modo quando, nel 2002, si offrì di consentire alla NATO di trasportare armi attraverso la Russia verso l’Afghanistan. È diventato un cattivo quando ha iniziato a protestare con forza contro l’espansione della NATO, ed è stato diffamato ancora di più dopo ogni risposta misurata a tale espansione. Se la sinistra si unisse ora al coro, diventerebbe come i parlamentari “socialisti” francesi e tedeschi che nel 1914 votarono i crediti di guerra ai rispettivi governi, abbandonando ogni pretesa di internazionalismo proletario e schierandosi dietro la loro borghesia. Tre anni dopo Lenin pubblicò il suo famoso opuscolo, “L’imperialismo, fase suprema del capitalismo”, sottolineando la spudoratezza della Seconda Internazionale e la sua incapacità di comprendere che le guerre moderne sono combattute da blocchi capitalisti concorrenti, in cui i lavoratori non hanno alcun interesse ma sono messi l’uno contro l’altro dalle forze statali che usano la coercizione, il nazionalismo e la paura.
Continuiamo a vivere nell’era storica dell’imperialismo capitalista. Non è questo il momento di fare pace con esso. Il nostro compito in questo Paese è sconfiggere la nostra classe dirigente, e nessun’altra, e certamente non in collaborazione con un presidente altrettanto corrotto e pericoloso quanto il leader russo.
Gary Leupp è professore emerito di storia alla Tufts University, autore di Servants, Shophands and Laborers in the Cities of Tokugawa Japan ; Male Colors: The Construction of Homosexuality in Tokugawa Japan ; e Interracial Intimacy in Japan: Western Men and Japanese Women, 1543-1900; è co–curatore di The Tokugawa World (Routledge, 2021). È collaboratore di Hopeless: Barack Obama and the Politics of Illusion (AK Press).
Rassegna articoli su guerra in Ucraina e Russia:
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