
Nei suoi ultimi anni, Friedrich Engels era profondamente preoccupato per l’apparente inevitabilità di una guerra mondiale di sterminio di massa. Nell’introduzione del 1887 a un opuscolo del socialista tedesco Sigismund Borkheim, Engels parlò di “una guerra mondiale”
di una portata e di una violenza finora inimmaginabili. Da otto a dieci milioni di soldati si sgozzeranno a vicenda e, nel farlo, spoglieranno l’Europa più di uno sciame di locuste. La devastazione della Guerra dei Trent’anni condensata in tre o quattro anni ed estesa all’intero continente; carestia, malattie, la caduta universale nella barbarie, sia degli eserciti che del popolo, sulla scia di una miseria acuta; disgregazione irreparabile del nostro sistema artificiale di commercio, industria e credito… Una sola conseguenza è assolutamente certa: l’esaurimento universale e la creazione delle condizioni per la vittoria finale della classe operaia. (Karl Marx e Frederick Engels, Complete Works, vol. 26 [New York: International Publishers, 1975], 451)
Poco più di un anno dopo, Engels scrisse in tono ancora più pessimistico a Paul Lafargue a proposito della “più terribile delle eventualità”:
Una guerra in cui ci saranno dai 10 ai 15 milioni di combattenti, una devastazione senza precedenti solo per mantenerli, una repressione universale e violenta del nostro movimento, una recrudescenza dello sciovinismo in tutti i paesi e, in definitiva, un indebolimento dieci volte peggiore di quello successivo al 1815, un periodo di reazione basato sull’inanizione [esaurimento] di tutti i popoli ormai dissanguati – e, per giunta, solo una flebile speranza che una guerra feroce possa sfociare in una rivoluzione – mi riempie di orrore. Soprattutto quando penso al nostro movimento in Germania, che sarebbe sopraffatto, schiacciato, brutalmente annientato, mentre la pace ci porterebbe quasi certamente alla vittoria (Marx ed Engels, Complete Works, vol. 48, p. 283).
Engels rimase sbalordito dagli “effetti spaventosi” dei nuovi proiettili di artiglieria antiuomo, riempiti di esplosivo ad alto potenziale alla melinite, che facevano “a pezzi” le persone, impiegati dai Legionari francesi nella loro brutale guerra coloniale nel Dahomey nel 1892-94. Il Dahomey, con il suo grande esercito permanente (comprese le sue truppe d’élite amazzoni), cercò di resistere alle forze francesi con mezzi convenzionali, solo per essere annientato da armi superiori. I nuovi armamenti, impiegati in modo così devastante nella colonizzazione dell’Africa, sarebbero presto stati utilizzati, insinuò Engels, dai paesi capitalisti di tutto il mondo. Ciò segnò la fine assoluta della lotta rivoluzionaria sulle barricate. “Se l’esercito combatte”, scrisse, “la resistenza [dei lavoratori] diventa follia”. Gli stessi armamenti accentuarono il fatto che un’altra follia più grande era in vista, vale a dire quella di una guerra mondiale sterminatrice (Marx ed Engels, Complete Works, vol. 50, 21, 548-549).
La risposta di Engels alla prospettiva di una guerra mondiale che avrebbe travolto l’Europa e le sue colonie fu la promozione attiva di una strategia di classe per il disarmo nel suo “L’Europa può disarmarsi?” del 1893. La nozione di disarmo era un concetto nuovo all’epoca e non sarebbe stata formalmente adottata fino alle Conferenze di pace dell’Aia del 1899 e del 1907. In un clima di coscrizione universale maschile e di preparazione alla guerra, Engels sostenne la riduzione degli eserciti permanenti (“servizio con i colori”) e la loro sostituzione con milizie addestrate, armando di fatto il popolo per la propria difesa. Le sue proposte lo misero in diretto conflitto con leader socialdemocratici tedeschi come August Bebel (Marx ed Engels, Complete Works, vol. 27, 373; Hal Draper ed E. Haberkern, Karl Marx’s Theory of Revolution, vol. 5 [New York: Monthly Review Press, 2005], 179–88). Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914, il Partito Socialdemocratico Tedesco, insieme alla maggior parte dei partiti socialisti d’Europa, appoggiò gli sforzi bellici dei propri stati, cedendo il passo a tutti gli orrori che Engels aveva temuto. La Prima Guerra Mondiale stessa preparò il terreno per la Rivoluzione d’Ottobre in Russia nel 1917.
Tutte le principali potenze imperialiste invasero la Russia sovietica nel 1918 per sostenere le armate “bianche” nella Guerra Civile. Dopo la vittoria nella Guerra Civile, la giovane Repubblica Sovietica si schierò con forza a favore del “disarmo generale”, ma in termini proletari. Lo stesso VI Lenin aveva contribuito a definire questo approccio sostenendo la strategia di Engels del disarmo attraverso la riduzione delle forze permanenti, accompagnata dall’armamento della popolazione lavoratrice. Questa posizione generale fu portata avanti dai sovietici alla Conferenza di pace dell’Aia del 1922. Alla Conferenza dell’Aia, Karl Radek, in rappresentanza della nuova Unione Sovietica, chiese l’evacuazione delle truppe straniere da tutti i paesi colonizzati, il “disarmo di tutte le organizzazioni della Guardia Bianca (fascisti, guardie civili, Orgesch) e l’armamento delle masse lavoratrici” in tutte le nazioni. Il disarmo fu così trasformato in una questione di classe, radicata nell’internazionalismo socialista (Karl Radek, “Discorso alla Conferenza dell’Aia, dicembre 1922”; VI Lenin, Complete Works, vol. 36 [Mosca: Progress Publishers, edizione 1977], 172–73; VI Lenin, Complete Works, vol. 39 [Mosca: Progress Publishers, edizione 1974], 499–503).
Oggi la situazione è molto più complessa e pericolosa rispetto agli anni Novanta dell’Ottocento, quando Engels portò per la prima volta alla ribalta la questione del disarmo. L’annientamento globale tramite armi nucleari può essere messo in moto in qualsiasi momento con il semplice tocco di un pulsante. Il disarmo ha quindi meno a che fare con la riduzione degli eserciti permanenti che con la lotta allo “stato di sicurezza nazionale” nella struttura statale capitalista complessiva, insieme all’intero complesso militare-industriale. Gli obiettivi principali di qualsiasi strategia socialista di disarmo sono: (1) la fine dell’imperialismo; (2) l’abolizione attraverso accordi internazionali delle armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa; (3) l’eliminazione delle basi militari straniere; (4) l’adozione del principio di sicurezza indivisibile per regolare i rapporti tra le nazioni; (5) l’accettazione del multipolarismo; e (6) – come base di tutto ciò – il controllo democratico, popolare e della classe lavoratrice sui mezzi di produzione (e quindi sui mezzi di distruzione). Il disarmo nel XXI secolo è di per sé necessariamente rivoluzionario e deve essere inteso in termini di lotta di classe e antimperialisti.
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