Community

Already a member?
Login using Facebook:
Powered by Sociable!

Archivi

LEV GOLINKIN: Perché l’American Library Association sta insabbiando la storia dei nazisti ucraini?

Il ministro degli Interni nazista Heinrich Himmler ispeziona la divisione Galizia delle SS nel maggio 1944.

Onorando un libro che descrive i volontari ucraini delle Waffen SS come eroi e patrioti, il gruppo rivela ignoranza storica o indifferenza verso l’antisemitismo. Ho tradotto la denuncia dello scrittore Lev Golinkin, pubblicata sulla rivista The Nation, che fa riflettere su come la riscrittura della storia sia parte della propaganda di guerra. Golinkin è nato nella città ucraina orientale di Kharkov (ora chiamata Kharkiv) ed è arrivato negli Stati Uniti come rifugiato bambino dalla ex Unione Sovietica. Si è laureato al Boston College e vive in New Jersey. Uno zaino, un orso e otto casse di vodka è il suo primo libro ed è stato pubblicato in Italia da Baldini+Castoldi. I suoi scritti sulla crisi ucraina, sulla Russia, sull’estrema destra e sull’identità di immigrati e rifugiati sono apparsi  sul New York Times ,  sul Washington Post , sul  Los Angeles Times , sulla CNN,  sul Boston Globe,  su Politico Europe e  su Time. Certo non è putiniano ma mette in guardia dallo sdoganamento del nazismo in Ucraina.  Continue reading LEV GOLINKIN: Perché l’American Library Association sta insabbiando la storia dei nazisti ucraini?

David Harvey: la Terza Guerra Mondiale è già in corso?

Allo stesso modo in cui gli anni ’30 portarono alla guerra, la Terza Guerra Mondiale è già in corso? Perché nel 1937 in Gran Bretagna si cominciò a parlare apertamente della possibilità di una guerra globale. E ora stiamo cominciando a vedere emergere quel tipo di discorso non solo su ciò che sta accadendo in Ucraina, ma ovviamente su ciò che sta accadendo a Gaza e così via.

Se esiste la possibilità di un’altra guerra mondiale, per evitarla dobbiamo fare i conti con ciò che ha generato le prime due guerre mondiali. E qui c’è un parallelo piuttosto sorprendente, ed è nello stesso modo in cui vediamo la situazione attuale emergere da un periodo di austerità governativa e ideologia politica neoliberista.

Se torni indietro, guardi e dici, qual era la situazione negli anni ’20? Trovi una situazione simile di crescente austerità. E questa crescente austerità sta creando situazioni in cui c’è molto disordine politico, e da quel tumulto politico stanno emergendo molti uomini politici forti.

Quindi ho iniziato a riflettere molto sull’intera questione dell’austerità, e recentemente sono usciti un paio di buoni libri sull’austerità – uno di Clara Mattei  sull’austerità e il fascismo – e penso che questo sia un libro  molto importante. Anche, Mark Blyth ha scritto un ottimo libro sui problemi dell’austerità.

Le politiche di austerità, unite a molti altri elementi di umiliazione, stanno alimentando le fiamme che potrebbero facilmente esplodere. E naturalmente questa volta, se esplodono, è probabile che comportino uno scambio di armi nucleari.

Penso che abbiamo visto le scosse di una futura guerra globale a meno che non succedano grandi cose per fermarla.

………………..

David Harvey è uno dei più importanti studiosi del capitalismo contemporaneo, geografo, sociologo e politologo inglese. Dal 2001 insegna Antropologia alla Graduate Center della City University di New York. Ha insegnato a Oxford e alla Johns Hopkins University. Tra i suoi lavori tradotti in italiano: Giustizia sociale e città (Feltrinelli, 1978), La crisi della modernità (il Saggiatore, 1993), L’esperienza urbana (Il Saggiatore, 1998), La guerra perpetua (il Saggiatore, 1998), Breve storia del neoliberismo (Il Saggiatore, 2007)L’enigma del capitale (Feltrinelli, 2011); Introduzione al Capitale (la casa Usher, 2014); Diciassette contraddizioni e la fine del capitalismo (Feltrinelli, 2014); Marx e la follia del capitale (Feltrinelli, 2017),  Il capitalismo contro il diritto alla citta? (Ombre Corte, nuova edizione 2016), Geografia del dominio (Ombre Corte, 2018), Cronache anticapitaliste (Feltrinelli, 2021). Sito: davidharvey.org

GREGG HERKEN: Robert Oppenheimer era un comunista e un patriota

Portrait of American physicist J. Robert Oppenheimer wearing a porkpie hat and smoking a cigarette.

Dalla rivista americana TIME un articolo dello storico Gregg Herken è un professore emerito di storia presso l’Università della California e autore di Brotherhood of the Bomb: The Tangled Lives of Robert Oppenheimer, Ernest Lawrence e Edward Teller.

Il film campione di incassi Oppenheimer di Christopher Nolan ha ravvivato l’interesse per il fisico noto come “il padre della bomba atomica”. Tuttavia, il soggetto del film di Nolan rimane un enigma duraturo. Perché l’evidentemente brillante Robert Oppenheimer crollò improvvisamente e completamente sotto un interrogatorio ostile durante l’udienza per la lealtà del 1954? Perché, a differenza di Andrei Sakharov – il fisico nucleare russo a cui viene spesso paragonato – Oppenheimer, dopo quell’udienza, smise di parlare contro le armi di distruzione di massa che aveva contribuito a creare?

“Oppie” era un uomo dai molti segreti: segreti di stato e persino segreti del cuore. Ma credo che la risposta all’enigma di Oppenheimer sia un segreto che lui con aria di sfida mantenne per tutta la vita, un segreto che si portò nella tomba.

Oppenheimer era una figura molto più complessa, conflittuale e importante di quanto ritrae il film di Nolan.

Gli storici sono sempre felici quando il loro lavoro porta a una migliore comprensione del loro argomento. Ancora più gratificante è quando quel lavoro ispira poi nuove scoperte. Continue reading GREGG HERKEN: Robert Oppenheimer era un comunista e un patriota

Stephen F. Cohen: Chi non è Putin (2018)

Nel 2018 lo storico statunitense Stephen F. Cohen pubblicò sulla rivista statunitense The Nation questo articolo sul presidente russo. Professore emerito di studi e politica russa a Princeton e alla New York University, è scomparso nel 2020. Cohen è stato uno dei più importanti storici dell’URSS e amico personale di Gorbaciov che alla sua morte gli rese omaggio con un messaggio alla moglie Katrina Vanden Heuvel: “Era una delle persone a me più vicine per le sue opinioni e la sua comprensione degli enormi eventi accaduti alla fine degli anni ’80 in Russia e che hanno cambiato il mondo. Steve era uno storico brillante e un uomo con convinzioni democratiche. Amava la Russia, l’intellighenzia russa e credeva nel futuro del nostro Paese”. Cohen contrastò per anni la politica degli USA verso la Russia di Putin. Nel 2018 pubblicò un libro profetico War With Russia?” in cui sosteneva che la nuova guerra fredda russo-americana è più pericolosa di quella precedente, durata 40 anni, alla quale il mondo è sopravvissuto. Le probabilità sono ancora maggiori che questa possa sfociare, inavvertitamente o intenzionalmente, in una vera e propria guerra tra le due superpotenze nucleari. Durante la precedente Guerra Fredda, la possibilità di una catastrofe nucleare era in prima linea nella discussione politica e mediatica tradizionale americana e nel processo decisionale. Durante quella nuova, raramente sembra essere nemmeno una preoccupazione. Cohen era un uomo di sinistra ma criticò apertamente i corporate Democrats di Hillary Clinton sul Russiagate: le accuse principali del Russiagate – collusione USA-Russia e tradimento di Trump – rimangono tutte non provate. Cohen è stato uno studioso dello stalinismo che in Italia ebbe ampia attenzione alla fine degli anni ’70 quando Feltrinelli pubblicò la sua biografia di Bucharin e fu ospite di convegni organizzati dall’Istituto Gramsci e dalla rivista Studi Storici. Nel leggere questo articolo si tenga conto che è stato scritto prima delle strette repressive più recenti su cui rimando a un articolo scritto da Boris Kagarlitsky prima di finire in galera. Buona lettura!

Continue reading Stephen F. Cohen: Chi non è Putin (2018)

Naomi Klein: ‘The Zone of interest’ riguarda il pericolo di ignorare le atrocità, anche a Gaza

Se il coraggioso discorso di accettazione dell’Oscar di Jonathan Glazer vi ha messo a disagio, quello era il punto.
È una tradizione degli Oscar: un discorso politico serio squarcia la bolla del glamour e dell’autocompiacimento. Ne conseguono risposte contrastanti. Alcuni proclamano il discorso un esempio di artisti al loro meglio nel cambiamento culturale; altri un’usurpazione egoistica di una notte altrimenti celebrativa. Poi tutti vanno avanti.
Eppure ho il sospetto che l’impatto del discorso epocale di Jonathan Glazer agli Academy Awards di domenica scorsa sarà significativamente più duraturo, con il suo significato e la sua portata analizzati per molti anni a venire.
Glazer ha ritirato il premio per il miglior film internazionale per The Zone of Interest, ispirato alla vita reale di Rudolf Höss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz. Il film segue l’idilliaca vita domestica di Höss con la moglie e i figli, che si svolge in una casa signorile con giardino immediatamente adiacente al campo di concentramento. Glazer ha descritto i suoi personaggi non come mostri ma come “orrori non pensanti, borghesi, ambiziosi e carrieristi”, persone che riescono a trasformare il male profondo in rumore di fondo.

Continue reading Naomi Klein: ‘The Zone of interest’ riguarda il pericolo di ignorare le atrocità, anche a Gaza