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Bertrand Russell: Decalogo liberale (1951)

bertrand russell2 Questo ‘Decalogo Liberale’ è apparso per la prima volta in un articolo pubblicato sul New York Times Magazine del 16 Dicembre 1951 dal titolo: “La migliore risposta al fanatismo: il liberalismo”. È stato poi incluso nella Autobiografia di Bertrand Russell, Vol. 3, 1944-1967.

 Forse l’essenza della concezione Liberale può essere riassunta in un nuovo decalogo, che non intende sostituire il precedente, ma solo integrarlo. I Dieci Comandamenti che, come insegnante, vorrei promulgare, potrebbero essere i seguenti:

1.

Non sentirti assolutamente certo di nulla.

2.

Non pensare che valga la pena procedere nascondendo la realtà dei fatti, perché è sicuro che essa verrà alla luce.

3.

Non cercare di scoraggiare la riflessione perché è sicuro che ci riuscirai.

4.

Quando sei confrontato da una opposizione, anche se dovesse trattarsi di tuo marito o dei tuoi figli, cerca di superarla con la discussione e non con l’imposizione, perché una vittoria ottenuta con la forza è fittizia e illusoria.

5.

Non avere alcuna venerazione per l’altrui autorità, in quanto si possono sempre trovare altre autorità ad essa contrarie.

6.

Non utilizzare il potere per sopprimere opinioni che ritieni dannose, perché così facendo saranno le opinioni a sopprimere te.

7.

Non aver paura di essere eccentrico nelle tue idee perché ogni idea ora accettata è stata una volta considerata eccentrica.

8.

Trova più gusto in un dissenso intelligente che in un consenso passivo, perché, se apprezzi l’intelligenza come dovresti, nel primo caso vi è una più profonda consonanza con le tue posizioni che non nel secondo.

9.

Sii scrupolosamente sincero, anche se la verità è scomoda, perché è ancora più scomodo il tentare di nasconderla.

10.

Non provare invidia per la felicità di coloro che vivono di illusioni, perché solo uno sciocco può pensare che in ciò consista la felicità.
Bertrand Russell è quello seduto al centro della foto

Bertrand Russell è quello seduto al centro della foto

NOTA:  Questo Decalogo Liberale mantiene intatta la sua forza e andrebbe distribuito ovunque. Qualcuno si domanderà: ma non eri comunista? Certo. Bisogna solo mettersi d’accordo sul cosa si intenda con questa parola. Chi lo ha detto che il comunismo debba essere illiberale e autoritario? Marx era un figlio dell’illuminismo e il movimento operaio nacque rivendicando la libertà di associazione e il suffragio universale. Un autorevole studioso definisce la posizione politica di Russell “liberalcomunista”. Durante la prima guerra mondiale finì in galera per il suo rifiuto di arruolarsi. L’Ordine Nuovo di Gramsci pubblicò un suo articolo. Nel 1920 dopo una visita in Russia scrisse The Practice and Theory of Bolshevism in cui esercitava una critica anticipata ai limiti di quella rivoluzione, ma aggiungeva “Russian Communism may fail and go under, but Communism itself will not die”. Il Novecento lo stanno raccontando da tempo i vincitori e non sempre la contano giusta. Troppi autori socialisti sono stati presentati come antesignani degli attuali pseudo-riformisti neoliberisti. Si pensi alla sorte toccata al povero Carlo Rosselli santificato dall’allora PDS veltroniano per sostituire Gramsci nel Pantheon della sinistra di governo. Giustamente Toni Negri polemizzava con l’operazione politico-culturale ricordando che l’autore di “Socialismo liberale” era stato un “comunista eretico”(durante la guerra di Spagna era vicino agli anarchici mica ai liberali). D’altronde la stessa tradizione riformista (quella di Turati o di Bernstein) è stata oggetto di una mistificazione a partire dagli anni ’80 che con grande maestria ha raccontato lo storico Paolo Favilli nel suo “Il riformismo e il suo rovescio“, libro preziosissimo che meriterebbe di diventare un best-seller tra quel poco di sinistra che è rimasta in circolazione. Tornando a Bertrand Russell  personalmente l’ho cominciato a leggere da piccino e lo trovai  illuminante. Ricordo di aver letto il suo molto marxiano Elogio della pigrizia su una raccolta curata da Erich Fromm intitolata “L’umanesimo socialista”. La sua critica del marxismo e dell’anarchismo non l’ha mai portato dall’altra parte della barricata, non l’ha mai trasformato in un accomodante sostenitore del capitalismo. Al contrario di Popper l’idiosincrasia per il comunismo staliniano non lo rese indulgente verso gli orrori dell’occidente. L’ormai vecchio Russell lanciò con Albert Einstein nel dopoguerra il moderno pacifismo con le campagne per il disarmo nucleare (fondatore del CND rese celebre l’ormai universale simbolo della pace che dagli anni ’60 è diventato il simbolo dei movimenti pacifisti). Allen Ginsberg scrisse a Kerouac: “Bertrand Russell makes sense, more than anyone, on straightforward What To Do”. Autentico riferimento della new left anni ’60 dava lezioni di politica ai Beatles e fondò un Tribunale Internazionale contro i crimini americani in Vietnam. Nel’67 firmò il primo manifesto pubblico per la legalizzazione della marijuana. Noam Chomsky cita sempre Russell tra i suoi maestri: “I principi fondamentali del liberalismo classico trovano la loro naturale espressione moderna non nel dogma neoliberista, ma nei movimenti indipendenti dei lavoratori, nonché nelle idee e nell’azione di quel socialismo libertario espresso talvolta anche da grandi esponenti del pensiero del Novecento, come Bertrand Russel e John Dewey”. In questi tempi di restaurazione capitalista, crisi economica, xenofobia e fondamentalismi è bene tornare a leggere il buon vecchio Bertrand Russell.

Oggi nelle librerie si trovano facilmente esposti la sua “Storia della filosofia occidentale” e “Perchè non sono cristiano” (molto attuale in tempi di clericalismo imperante). Meriterebbe una riedizione il suo Roads To Freedom (traduzione italiana: Socialismo, anarchismo, sindacalismo).

 

2 comments to Bertrand Russell: Decalogo liberale (1951)

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