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Victor Serge non divenne un anticomunista. Una lettera inedita lo dimostra

Ho tradotto una lettera di Ian Birchall alla rivista Revolutionary History e, soprattutto, una lettera inedita di Victor Serge, che dimostrano che lo scrittore rivoluzionario in esilio non divenne un anticomunista da guerra fredda come molti sostengono. E’ molto interessante perché il nemico di Stalin tiene a precisare al suo interlocutore francese che non bisogna farsi arruolare dal “blocco anticomunista” né tenere una linea settaria verso i partiti comunisti fedeli all’Urss. Lo segnalo perché molti estimatori di Serge, in Italia e non solo, hanno invece un’attitudine ben diversa e l’hanno proiettata sulla sua opera (M.A.)

Ian Birchall

L’evoluzione di Victor Serge

(From Revolutionary HistoryVol. 8 No. 3, 2003, pp.367-69)

caro direttore

Nella sua recensione di Victor Serge: The Course is Set on Hope (Revolutionary History, Volume 8, n. 2) di Susan Weissman, Paul Flewers specula su come il pensiero politico di Serge si sarebbe sviluppato se fosse sopravvissuto al periodo della Guerra Fredda. É sempre difficile giudicare come figure del passato possano aver pensato agli eventi dopo la loro morte, ed è doppiamente difficile con Serge, un pensatore complesso e originale. Come sottolinea Richard Greeman nella sua recensione di Weissman (International Socialism, n. 94), Serge ha lasciato un gran numero di manoscritti inediti, molti dei quali non considerati da Weissman.

Flewers cita l’articolo di Alan Wald Victor Serge and the New York Anti-Stalinist Left ( The Ideas of Victor Serge, Critique, 1997) che suggerisce che Serge potrebbe essersi mosso verso l’idea che lo stalinismo fosse il “principale nemico”. L’articolo di Wald è ben documentato ed equilibrato e deve essere preso sul serio. C’è, tuttavia, un testo importante (a mia conoscenza mai tradotto in inglese) che suggerisce una direzione di sviluppo piuttosto diversa.

É una delle lettere inviate da Serge al socialista francese René Lefeuvre. Lefeuvre (1902 1988) è meglio conosciuto come l’editore dei Cahiers Spartacus, una serie di libri di una vasta gamma di autori della sinistra antistalinista (da Serge a Denis Healey). Pubblicò anche la rivista Masses a intermittenza dal 1933 in poi; una nuova serie di 14 numeri apparve tra il 1946 e il 1948.

La lettera di Serge non è datata. La prima parte sembra sia stata inviata per la pubblicazione su Masses nell’estate del 1946, ma non sia giunta a Lefeuvre. Un’altra copia con poscritto fu inviata, probabilmente nell’ottobre 1946. L’incidente jugoslavo citato potrebbe essere un riferimento alla disputa di Trieste. La lettera è stata pubblicata nella ristampa del 1984 dai Cahiers Spartacus di Seize Fusillés à Moscou (1936) di Serge (pp. 123-5). La lettera contiene tre punti importanti:

  • Serge è molto critico nei confronti dei reportage sulla Russia che non sono adeguatamente documentati. La sua ragione non risiede in qualche nozione astratta di “onestà”, ma nel riconoscimento che solo un argomento adeguatamente supportato avrà qualche possibilità  di avere un impatto su coloro che simpatizzano con lo stalinismo. Serge non è interessato alla semplice denuncia; crede che sia desiderabile e possibile conquistare i lavoratori stalinisti.
  • Serge vede i pericoli della guerra piuttosto più dalla parte americana che dalla parte russa, poiché la Russia è ancora esausta dalla seconda guerra mondiale. Questo è nel periodo prima che la Dottrina Truman del marzo 1947 aprisse la Guerra Fredda vera e propria.
  • Soprattutto, Serge riconosce la doppia natura dei partiti stalinisti nei paesi al di fuori del blocco russo. Nonostante la loro politica stalinista, sono partiti della classe operaia e fanno parte del movimento operaio. E mentre saggiamente si astiene dal raccomandare tattiche dettagliate ai suoi compagni francesi, crede chiaramente che una sorta di attività di fronte unico dovrebbe essere proposta ai lavoratori comunisti.

Gli anni Cinquanta furono un periodo di prova per i socialisti rivoluzionari, e furono pochi quelli che sfuggirono del tutto a fare concessioni allo stalinismo o all’imperialismo occidentale. Ma dato l’orientamento enunciato in questa lettera, trovo difficile immaginare che Serge soccombesse alla stalinofobia.

testo originale

Victor Serge

A René Lefeuvre

(senza data)

Mio caro Lefeuvre

Penso che la pubblicazione dei rapporti di W. White sull’URSS senza alcun commento critico sia stata un errore. Senza dubbio contengono un briciolo di verità. Ma il tono che adotta non è quello di un giornalista obiettivo. Le diverse parti della sua narrazione sono arrangiate un po’ troppo come le vignette dei giornali domenicali a cui il pubblico americano è così affezionato. Tanto è vero che, dal secondo numero, hai ritenuto opportuno impreziosire il testo con disegni di stile Canard Enchaîné, come se il destino del popolo russo fosse uno scherzo! White non si prende sempre la briga di cercare una spiegazione per i fatti che osserva. Per fare un esempio, constatando che ci sono pochi anziani per strada, si chiede se i russi della vecchia generazione siano morti di fame, siano stati fucilati o se semplicemente si siano persi tra la folla a causa dell’alto tasso di natalità. Poi va avanti. È uno strano metodo che gli permette di insinuare il peggio, senza prendersi la briga di verificare nulla.

Soprattutto va criticato – cosa che non mancavano di fare vari settimanali socialisti e liberali inglesi che recensirono il suo libro – per il costante ricorso al confronto tra il tenore di vita negli USA e in URSS, quando i due paesi sono in stadi molto diversi della loro evoluzione, e quando il secondo è stato messo a dura prova dalla guerra, mentre il primo ne ha tratto i vantaggi economici di cui siamo consapevoli. L’obiettivo di White è ovviamente quello di dimostrare ai suoi compatrioti che gli USA, grazie al regime capitalista, sono un paradiso e l’URSS un inferno.

Se metto in dubbio il valore del racconto di White, non è per distogliere l’attenzione dai difetti e dalle disuguaglianze sociali del regime sovietico. Non credo che stiamo “giocando al gioco reazionario”, come lo chiamano gli stalinisti, quando cerchiamo la verità altrove che nelle descrizioni dell’URSS ispirate da un entusiasmo artificiale. Ma resoconti come quello di White possono servire a qualcosa solo se confrontati con altri, oltre che con documenti di origine sovietica. Non bastava dire che “le idee di White sono molto diverse dalle nostre”; avresti dovuto fare le necessarie riserve e critiche. Avresti dovuto almeno sottolineare che la situazione alimentare è notevolmente migliorata per tutte le categorie sociali da quando White era nel paese. I giornalisti britannici confermano su questo punto quanto dicono fonti sovietiche.

La rivista americana Politics, che è fermamente antistalinista, ma non per questo meno fermamente contro la guerra, ha recentemente criticato ferocemente la propaganda guerrafondaia contro l’URSS, che in certi ambienti negli Stati Uniti è diventata il nemico numero uno, sostituendo la Germania nazista. I rapporti di White dovrebbero essere collegati a questa propaganda, sebbene non abbia aspettato la fine della guerra per pubblicarli. Siamo tutti d’accordo nel pensare che una rottura definitiva tra gli ex alleati comporterebbe un grande pericolo per l’umanità, e quindi non vogliamo che la Francia venga trascinata in nessuno dei due campi. Dovremmo certamente resistere a qualsiasi ingerenza sovietica nella vita politica del nostro paese. Ma, come scrive uno dei nostri compagni, la ripresa economica della Francia non può essere assicurata senza l’aiuto americano. Fino a che punto la Francia potrebbe avvalersi di questo aiuto senza perdere la sua sovranità o essere ostacolata nel suo sviluppo verso il socialismo? Questa è una domanda che dovrebbe essere discussa su Masses. In ogni caso, una cosa è certa, non dobbiamo echeggiare nei nostri articoli, anche inconsapevolmente, le campagne scioviniste condotte dall’altra parte dell’Atlantico.

Se il regime sovietico deve essere criticato, sia da un punto di vista socialista e operaio. Se dobbiamo far sentire le voci americane, che siano quelle di democratici sinceri e amici della pace, e non demagoghi sciovinisti; siano quelle dei lavoratori che un giorno, speriamo, riusciranno ad organizzarsi in un partito indipendente.

Auguri

Poscritto: ho ricevuto la tua lettera di settembre. Ma non hai ricevuto quella che ti ho inviato all’inizio dell’estate, e che ho inviato insieme alla lettera allegata che ti ho chiesto di pubblicare su Masses. In tutta sincerità, e lasciando da parte le mie opinioni sull’URSS, la pubblicazione di questi rapporti mi ha profondamente scioccato e mi è dispiaciuto che ciò che avevo scritto sia apparso negli stessi numeri. Mi chiedevo se stessimo ancora parlando la stessa lingua. La cosa più grave è che gli altri articoli si adattavano al gollismo e al cristianesimo (fino al terzo numero), approvavano la politica estera britannica e, pur deplorando lo scontro tra i due blocchi, non formulavano alcuna critica specifica all’imperialismo americano. In tale contesto, la pubblicazione di questi rapporti, insieme ad altri ai quali in linea di principio non ho obiezioni, poiché cercavano di avvicinarsi alle cose dal punto di vista socialista, assumeva il significato di adesione al blocco occidentale.

Capisco che il pericolo stalinista ti allarma. Ma non deve farci perdere di vista la nostra visione d’insieme. Non dobbiamo fare il gioco di un blocco anticomunista e, dopo i primi numeri di Masses, abbiamo meritato di essere criticati per questo. Il PC ha mantenuto il controllo su gran parte della classe operaia. Dobbiamo essere in grado di conquistare alla nostra causa gli elementi che oggi seguono gli stalinisti. Non immaginare che se seguiamo il nostro percorso attuale, riusciremo a farlo. Non possiamo assumere un atteggiamento puramente negativo nei confronti del PC. Non andremo da nessuna parte se sembriamo più preoccupati di criticare lo stalinismo che di difendere la classe operaia. Il pericolo reazionario è ancora presente, e in pratica dovremo spesso agire a fianco dei comunisti.

Un ulteriore punto. Ho appena letto le recensioni americane apparse dopo l’incidente jugoslavo e la dimostrazione di forza navale nel Mediterraneo. Il tono è preoccupante. Il pericolo di bellicismo mi sembra più serio da questa parte. Per il momento, l’URSS non può fare la guerra. Ti chiedo di considerare questo.

Mi sono ripreso dalla pleurite all’inizio dell’estate. Da allora ho avuto una mastoidite abbastanza grave. Questo sta appena iniziando a chiarirsi. Mi sto concentrando sul lavoro di tesi, che è il modo in cui mi guadagno da vivere. Appena posso, collaborerò con la rivista.

La lettera su White credo possa essere pubblicata o almeno i passaggi essenziali che vi daranno l’occasione per un chiarimento che ritengo necessario.

Non ho ricevuto lo Spartacus. Fino a quando non avrai mie notizie, non inviare nulla e non scrivere nulla che abbia un contenuto politico. Vorrei credere di sbagliarmi e che la mia posta non venga intercettata. Ma …

lettera 

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