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Una lettera di Eugene V. Debs sull’immigrazione (1910)

Mentre traducevo questa lettera ho pensato a mio nonno che emigrò negli USA orfano a 13 anni nel 1900 e tornò socialista. Chissà se gli capitò di ascoltare un comizio di Eugene V. Debs? Inutile sottolineare che tra gli immigrati con cui Debs solidarizzava c’erano gli italiani che non erano considerati bianchi ed erano disprezzati più dei cinesi quando mio nonno arrivò negli States. 

Mio caro Brewer

Ho appena letto il rapporto di maggioranza della commissione per l’immigrazione. È assolutamente antisocialistico, reazionario e in verità oltraggioso, e spero che vi opporrete con tutta la vostra forza. La scusa per cui alcune razze devono essere escluse per opportunità tattiche sarebbe del tutto coerente in una convenzione borghese di egoisti, ma non dovrebbe avere spazio in un proletariato riunito sotto gli auspici di un movimento internazionale che invita i lavoratori oppressi e sfruttati di tutto il mondo a unirsi per la loro emancipazione. . . .

Lontano dalle “tattiche” che richiedono l’esclusione degli schiavi oppressi e sofferenti che cercano queste sponde con la speranza di migliorare la loro misera condizione e sono respinti sotto la crudele frusta della convenienza da parte di coloro che si definiscono socialisti in nome di un movimento il cui orgoglioso vanto è che si erge senza compromessi dalla parte degli oppressi e calpestati di tutta la terra. Questi poveri schiavi hanno il diritto di entrare qui quanto gli autori di questo rapporto che ora cercano di escluderli. L’unica differenza è che i secondi hanno avuto il vantaggio di un po’ di istruzione e non erano stati così crudelmente puniti e oppressi, ma in linea di principio non c’è differenza, il motivo di tutti è esattamente lo stesso, e se la convenzione che si incontra in nome del socialismo dovrebbe proprio discriminare, dovrebbe farlo a favore delle razze miserabili che hanno sopportato i fardelli più pesanti e sono più schiacciate sulla terra.

Su questa proposizione vitale prenderei la mia posizione contro il mondo e nessun argomento specioso di difensori sottili e sofisticati del sindacalismo della federazione civica, che non esita a sacrificare il principio per i numeri e mettere a repentaglio il successo finale per un guadagno immediato, potrebbe spingermi a voltare le spalle alle vittime oppresse, brutalizzate e disperate del vecchio mondo, che sono attirate su queste coste da un debole barlume di speranza che qui i loro schiaccianti fardelli possano essere alleggeriti, e qualche stella di promessa sorga nei loro cieli bui.

I presunti vantaggi che verrebbero al movimento socialista a causa di tale esclusione senza cuore verrebbero spazzati via mille volte dal sacrificio di un principio cardine del movimento socialista internazionale, perché la buona fede di un tale movimento potrebbe essere messa in dubbio dai lavoratori intelligenti se esso mettesse a verbale di sbarrare le sue porte contro le razze più bisognose di sollievo, e spegnendo la loro speranza, e lasciandoli nell’oscurità della disperazione nel momento stesso in cui le loro orecchie erano in sintonia con l’appello internazionale e il loro cuore stava cominciando pulsare in risposta alla solidarietà degli oppressi di tutte le terre e di tutti i climi sotto i cieli.

In questo atteggiamento non c’è nulla di stucchevole sentimentalismo, ma semplicemente una rigida aderenza ai principi fondamentali del movimento proletario internazionale. Se il socialismo, il socialismo internazionale rivoluzionario, non si pone fermamente, senza battere ciglio e senza compromessi dalla parte della classe lavoratrice e delle masse sfruttate e oppresse di tutte le terre, allora non ne rappresenta nessuna e la sua rivendicazione è una falsa pretesa e la sua professione un’illusione e una tranello.

Lascia che quelli che ci abbandonino lo facciano perché rifiutiamo di chiudere la porta internazionale davanti alle facce dei loro confratelli; non saremo i più deboli ma tutti i più forti per il loro cammino, poiché evidentemente non hanno una chiara concezione della solidarietà internazionale, mancano totalmente dello spirito rivoluzionario e non hanno un giusto ruolo nel movimento socialista finchè concepiscono tali aristocratiche nozioni della loro presunta superiorità.

Rimaniamo fedeli fermamente ai nostri principi rivoluzionari della classe lavoratrice e facciamo la nostra lotta apertamente e senza compromessi contro tutti i nostri nemici, senza adottare tattiche vigliacche e senza speranze false, e il nostro movimento ispirerà poi la fede, susciterà lo spirito e svilupperà la fibra che prevarranno contro il mondo.

Cordiali saluti, senza compromessi

Eugene V. Debs

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Eugene V. Debs è stato una delle più importanti figure del movimento operaio e socialista americano. Ferroviere, organizzatore sindacale, fondatore del partito socialista, un suo discorso aprì il congresso fondativo degli IWW. Fu ripetutamente candidato socialista alle elezioni presidenziali. Negli ultimi anni Bernie Sanders lo ha citato spesso come fonte di ispirazione e il giornalista John Nichols nel suo libro THE S Word lo ricorda come uno dei principali esponenti della dimenticata tradizione socialista americana.
Lo storico Eric Foner nella sua “Storia della libertà americana” ricorda che “Nessuno fu più importante nel diffondere il vangelo socialista, o nel legarlo agli ideali dell’eguaglianza, dell’autogoverno e della libertà, di Eugene V.Debs, che percorse in lungo e in largo il paese predicando che il capitalismo riduceva i lavoratori in schiavitù”. Howard Zinn nella sua “Storia popolare degli USA” traccia un breve ma bellissimo ritratto di Debs e ci ricorda che “era diventato socialista mentre si trovava in carcere per lo sciopero Pullman” dopo anni di lavoro sindacale.  Prima di diventare socialista (un bel manifesto è questa lettera del 1896 agli aderenti al sindacato dei ferrovieri), Debs non era stato solo un sindacalista ma anche un sostenitore del partito democratico e poi del partito populista. Interessante rileggere la sua dichiarazione di sostegno al partito del popolo dell’agosto del 1894: “I am Populist and am in favor of wiping both the old parties out so they will never come into power again. I have been a Democrat all my life and I am ashamed to admit it. I want every one of you to go to the polls and vote the Populist ticket. What we are trying to do is to make a job worth something. As it is there is little difference in financial condition between the men who have and those who have not jobs”. Negli anni ’80-90 aveva in parte condiviso la propensione anti-immigrati e razzista diffusissima tra i lavoratori bianchi di origine anglo-sassone come ci ricorda Nick Salvatore nella sua biografia di Debs (pag.105-106).

Da organizzatore della classe lavoratrice Debs si battè per l’apertura delle iscrizioni al suo sindacato anche ai lavoratori neri   e successivamente per i diritti dei lavoratori immigrati.  Pubblico la lettera con l’augurio che molti seguano l’esempio e il percorso di Debs.

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