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Sulla rivista Foreign Affairs è uscito un articolo di Michael McFaul e Abbas Milani intitolato “Il vero significato del fallimento di Putin in Medio Oriente”. L’articolo appare come un monito alla Cina a cui si dice esplicitamente di non fare affidamento sulla potenza militare russa, ma anche un esplicito invito a Trump a dismettere la sua strategia di amicizia verso Putin: “Il successo iniziale della strategia di Mosca in Medio Oriente un tempo suggeriva che la Russia potesse essere un prezioso partner geopolitico. Il suo fallimento totale dovrebbe dissuadere Trump e altri dal corteggiare il suo artefice.”
Gli autori sottolineano che “negli ultimi 20 mesi, la posizione della Russia in Medio Oriente è crollata. La risposta di Israele agli attacchi di Hamas del 7 ottobre ha devastato il cosiddetto asse della resistenza, la rete sostenuta dall’Iran con cui la Russia aveva forgiato stretti legami (…) Nel nuovo Medio Oriente che sta prendendo forma, Mosca non è più necessaria”, “l’abbandono da parte della Russia dei partner nella regione dovrebbe essere una lezione seria per Xi Jinping e il Partito Comunista Cinese: in tempi di crisi, la Russia non sarà un alleato affidabile” (…) “In caso di un conflitto tra Stati Uniti e Cina – ad esempio, una disputa su Taiwan – Washington può aspettarsi che Mosca rimanga ai margini, proprio come ha fatto con i suoi partner in Medio Oriente”. L’articolo segnala anche i rapporti positivi con Netanyahu e Israele, cosa che forse deluderà quelli che confidano nella Russia come potenza antimperialista: “Quando i rapporti tra Stati Uniti e Israele si sono fatti tesi, Netanyahu ha propeso verso Mosca. Ma con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, l’imperativo di Netanyahu di rimanere vicino a Putin e a una Russia indebolita è venuto meno”.
I fatti citati nell’articolo mi confermano nell’idea che la Russia, “impero della periferia” per usare l’espressione di Boris Kagarlitsky, ha cercato inizialmente di riconquistare un ruolo di potenza assecondando gli USA (si veda collaborazione con Bush nella “guerra al terrorismo”, astensione su Libia), poi Putin ha dovuto mutare strategia di fronte all’aggressività statunitense e alla percezione di non essere ben accolto nel club dei potenti (da leggere articolo di Montly review). La campagna di demonizzazione dell’ex-alleato Putin da parte dell’Occidente ha preparato la guerra (come denunciò per anni Stephen F. Cohen: Chi non è Putin).
L’articolo di due esperti statunitensi è sicuramente orientato ma involontariamente smonta le balle con cui in Europa si impone il riarmo. Se la forza militare di Israele, cioè degli USA e del blocco occidentale, è tale da scoraggiare qualsiasi intervento russo a sostegno degli alleati in Medio Oriente come si può sostenere che la NATO rischia di essere attaccata dalla Russia? Pubblico la traduzione dell’articolo comunque interessante per le informazioni contenute. Buona lettura! Continue reading Foreign Affairs su Putin in Medio Oriente

AD ALCUNI piacciono gli ebrei, ad altri no; ma nessun uomo riflessivo può dubitare del fatto che essi siano senza dubbio la razza più formidabile e straordinaria che sia mai apparsa al mondo.
Disraeli, Primo Ministro ebreo d’Inghilterra e leader del Partito Conservatore, sempre fedele alla sua razza e orgoglioso delle sue origini, affermò in una nota occasione: “Il Signore tratta le nazioni come le nazioni trattano gli ebrei”. Certamente, se consideriamo la miserabile situazione della Russia, dove tra tutti i paesi al mondo gli ebrei furono trattati con la massima crudeltà, e la confrontiamo con le fortune del nostro Paese, che sembra essere stato così provvidenzialmente preservato in mezzo ai terribili pericoli di questi tempi, dobbiamo ammettere che nulla di quanto accaduto da allora nella storia del mondo ha falsificato la verità della sicura affermazione di Disraeli.
Continue reading Winston S. Churchill: Sionismo contro bolscevismo, una lotta per l’anima del popolo ebraico (1920)
Roger Markwick è professore di Storia Europea Moderna presso l’Università di Newcastle, Australia. Tra le sue pubblicazioni: Violence to Velvet: Revolutions—1917 to 2017 (Violenza di velluto: rivoluzioni dal 1917 al 2017), Slavic Review, numero speciale sulla Rivoluzione russa, e “Soviet Women on the Frontline in the Second World War” (coautore). Questo articolo è stato pubblicato su MRonline nel gennaio 2018.
Il novembre 2017 ha segnato il centenario di due degli eventi più decisivi del XX secolo: la rivoluzione guidata dai bolscevichi in Russia e la Dichiarazione Balfour in Gran Bretagna. La Rivoluzione russa fu attuata dai bolscevichi in nome della pace e del socialismo internazionale; la Dichiarazione Balfour fu un impegno del governo britannico a sostenere un “focolare nazionale per il popolo ebraico” in Palestina. Non si trattò semplicemente di una coincidenza straordinaria. Ai ferri corti c’erano due obiettivi politici reciprocamente esclusivi: da un lato, promuovere una rivoluzione antimperialista mondiale; dall’altro, promuovere gli interessi imperialisti britannici in Medio Oriente. Continue reading Roger D. Markwick: Bolscevismo, Balfour e sionismo
Oggi ricorre la giornata internazionale che le Nazioni Unite hanno dedicato alla memoria di Nelson Mandela. La sua vita di rivoluzionario anticolonialista e antirazzista e di statista che ha saputo guidare la transizione verso una società democratica attraverso la riconciliazione ne hanno fatto un simbolo universale di combattente per la pace e la libertà. Come accade spesso ai rivoluzionari se ne celebra la memoria e l’esempio rimuovendo le caratteristiche più scomode della loro storia.
“All’epoca del suo arresto nell’agosto 1962, Nelson Mandela non solo era un membro dell’allora clandestino Partito comunista sudafricano, ma faceva parte del Comitato Centrale del partito. Dopo la sua liberazione dal carcere nel 1990, Madiba divenne un grande e fidato amico dei comunisti fino alla fine dei suoi giorni”.
Il giorno della sua morte il Partito Comunista Sudafricano South African Communist Party per la prima volta diede la notizia ufficiale che l’eroe della lotta contro l’apartheid e padre del nuovo Sud-Africa democratico era stato un militante e dirigente comunista. Si trattava di una circostanza di cui si dibatteva da anni e nel 2011 era stata confermata dalle ricerche del giornalista Stephen Ellis e sono poi arrivati riscontri anche dagli archivi russi (leggi articolo). Continue reading Il comunista Nelson Mandela
Questo articolo di Nirmal Kumar Bose, antropologo indiano e compagno di lotta di Gandhi, è tratto dalla raccolta curata da Erich Fromm “L’umanesimo socialista” del 1965 (prima edizione italiana 1971).
Introduzione. Il problema principale che l’umanità si trova a fronteggiare oggi, è il problema della guerra. Malgrado siano stati fatti notevoli sforzi fino dalla prima guerra mondiale per istituire un foro dove le nazioni possano risolvere pacificamente i loro conflitti, l’umanità non sembra avvicinarsi alla formazione di una singola comunità mondiale. Tutte le nazioni desiderano evitare la guerra, pure non vedono un’altra alternativa al di fuori di essa, per cui la guerra rimane ancora il mezzo più efficace da cui trarre risultati decisivi, sebbene il costo possa essere alto.
Gandhi riconobbe molto chiaramente che la famiglia umana forse non potrà mai raggiungere uno stato dove non ci sia conflitto, o dove il conflitto non debba più essere risolto dall’«azione diretta». Così egli tentò di trovare un sostituto alla guerra che sarebbe stato ugualmente efficace ma che non avrebbe lasciato gli uomini come ora, degradati dopo un conflitto. Nella ricerca di questo sostituto inventò la tecnica del satyagraha, con cui i conflitti potrebbero essere condotti ad un civile livello morale.
Continue reading Nirmal Kumar Bose: Gandhi, umanista e socialista (1965)
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