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Questa guerra è colpa della Russia. Ma le nazioni europee che hanno respinto la Russia durante gli anni 2000 non hanno aiutato. Lo sostiene Anatol Lieven in questo articolo pubblicato il 24 Febbraio 2023 su The Guardian.
Perché Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina e ha cercato di catturare Kiev nel febbraio 2022, e non anni prima? Mosca ha sempre voluto dominare l’Ucraina, e Putin ne ha dato le ragioni nei suoi discorsi e scritti. Perché allora non ha cercato di prendere tutto o la maggior parte del paese dopo la rivoluzione ucraina del 2014, invece di annettere solo la Crimea e dare un aiuto limitato e semi-segreto ai separatisti nel Donbass?
In occasione del primo anniversario dell’invasione criminale dell’Ucraina da parte della Russia , vale la pena riflettere esattamente su come siamo arrivati a questo punto e su dove potrebbero andare le cose.
In effetti, gli intransigenti russi hanno passato anni a criticare il loro leader per non aver invaso prima. Nel 2014 l’esercito ucraino era irrimediabilmente debole; in Viktor Yanukovich, i russi avevano un presidente ucraino filo-russo eletto democraticamente; e incidenti come l’uccisione di manifestanti filo-russi a Odessa fornivano un buon pretesto per agire.
La ragione della passata moderazione di Putin risiede in quella che era una parte fondamentale della strategia russa risalente agli anni ’90: cercare di aumentare la distanza tra l’Europa e gli Stati Uniti e, infine, creare un nuovo ordine di sicurezza in Europa con la Russia come partner a pieno titolo e rispettata potenza. È sempre stato chiaro che un’invasione su vasta scala dell’Ucraina avrebbe distrutto ogni speranza di riavvicinamento con gli europei occidentali, spingendoli per il prossimo futuro tra le braccia degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, una tale mossa avrebbe lasciato la Russia diplomaticamente isolata e pericolosamente dipendente dalla Cina.
Continue reading Anatol Lieven: Per anni Putin non ha invaso l’Ucraina. Cosa lo ha fatto finalmente scattare nel 2022?
Questo articolo di Anatol Lieven fu pubblicato sulla storica rivista progressista statunitense The Nation (numero del 29 novembre/6 dicembre 2021) prima della guerra. L’articolo era la storia di copertina di quel numero della rivista progressista USA. Tutto il dibattito politico-mediatico ra concentrato e quella copertina mi colpì immediatamente. Va riletto oggi dopo tre anni di morte e distruzione.
Ucraina: il problema più pericoloso del mondo
Ma la soluzione c’è già.
Di queste potenziali crisi, una delle più minacciose è lo scontro armato tra l’esercito ucraino e le forze separatiste supportate dalla Russia nell’Ucraina orientale. Un numero limitato di truppe russe (leggermente camuffate da “volontari”) sono di stanza nella regione del Donbass e la Russia ha schierato grandi forze nella Russia meridionale per difendere il territorio da qualsiasi nuova offensiva ucraina. Tuttavia, la Russia non ha annesso Donetsk e Luhansk (le due province ucraine che compongono il Donbass) né ne ha riconosciuto l’indipendenza.
Dalla rivoluzione ucraina e dalla ribellione del Donbas del 2014, i governi ucraini che si sono succeduti hanno giurato di recuperare il Donbas con la forza, se necessario. Nonostante un cessate il fuoco nel 2015 che ha sospeso la guerra su larga scala, gli attacchi e le rappresaglie di entrambe le parti hanno portato a ripetuti scontri, come a marzo e aprile di quest’anno. Le amministrazioni statunitensi che si sono succedute hanno espresso un forte sostegno alla parte ucraina e alla futura adesione alla NATO (finora bloccata da Germania e Francia), pur non promettendo di difendere militarmente l’Ucraina.
La vittoria dei talebani potrebbe creare una dinamica nuova e pericolosa. La sconfitta dell’America in Afghanistan potrebbe portare la Russia (e la Cina) ad agire in modo più sconsiderato, proprio come la sconfitta dell’America in Vietnam ha incoraggiato le ambizioni dell’URSS in Africa e America Centrale. D’altro canto, l’umiliazione politica subita dall’amministrazione Biden potrebbe portarla a cercare di recuperare il suo prestigio interno e internazionale rispondendo in modo sconsiderato alle azioni russe.
Solo i politici e i commentatori più folli degli Stati Uniti vogliono davvero andare in guerra con la Russia in Ucraina. Ma come ha dimostrato lo scoppio della prima guerra mondiale, i leader che non intendono andare in guerra potrebbero inciampare in una situazione in cui non sono in grado di fermarsi o tornare indietro. Continue reading Anatol Lieven: Ucraina, il problema più pericoloso del mondo (novembre 2021)
 Ritratto di Curiel. Renato Guttuso
Questo profilo di Eugenio Curiel, scritto da Eugenio Garin, fu pubblicato sulla rivista Studi Storici, Anno 6, No. 1 (gennaio – marzo 1965), pp. 3-24. La rivista in una nota precisava che si trattava del “testo, corredato di alcune note, di una conferenza tenuta l’11 marzo 1965 al Circolo «Eugenio Curiel» di Padova”.
I. Sono tre i nodi intorno a cui e possibile raccogliere l’attività di Eugenio Curiel (1): I: la lotta «legale» contro il fascismo, condotta in seno alle stesse istituzioni fasciste, facendo leva, da un lato, sui giovani intellettuali dei Gruppi universitari, e dall’altro sugli operai, soprattutto sui giovani operai dei sindacati fascisti; 2: la riflessione teorica sopra i principi del marxismo e, insieme, sulla storia d’Italia nel suo processo di unificazione; 3: l’organizzazione della gioventù durante la Resistenza nella prospettiva di un rinnovato sviluppo democratico dell’Italia verso una società socialista (2)
Questi tre nodi si collocano in tre momenti successivi, nettamente scanditi nel tempo: fra il ’37 e il ’39 il primo, ossia durante l’estremo
travaglio della situazione italiana, fra l’intervento in Spagna e la conclusione del Patto d’Acciaio con l’asservimento totale al nazismo di un’Italia ormai già anche razzista (il Patto e del 22 maggio I939; l’arresto di Curiel è del 23 giugno). II secondo momento, dal ’39 al ’43, nel carcere di San Vittore a Milano, e poi al confino di Ventotene (dal gennaio del ’40 al luglio del ’43, durante la guerra fino al colpo di stato), è caratterizzato, non solo dall’approfondimento teorico del marxismo e da un ripensamento di alcuni temi centrali della storia italiana, ma dai rapporti personali con gli altri condannati politici e dal definitivo inserimento nel Partito comunista, quasi a conclusione dei precedenti contatti. Il terzo momento, fino alla morte, nel pieno della lotta, è dominato da una visione ormai singolarmente matura della situazione politica italiana e del significato della Resistenza, non fine ma inizio di un’epoca storica di rinnovamento della società: instaurazione, in Italia, di una democrazia progressiva, svincolata, non solo dal fascismo, ma da ogni ipoteca del mondo prefascista.
Questi tre aspetti e momenti dell’opera di Curiel, ancorché nettamente scanditi nel tempo, sono ovviamente saldati fra loro, articolari in una
evidente tendenza unitaria di fondo: operare nella continuità della vita italiana, facendo appello, sempre, a tutte le forze recuperabili, in modo che il trapasso dalla dittatura fascista alla democrazia progressiva potesse avvenire in un processo di maturazione, suscettibile di inserirsi perfettamente nel tronco vitale della storia d’Italia. Rinnovamento rivoluzionario e aderenza fedele alla realtà storica italiana si saldano nel pensiero di Curiel in sostanziale unità contro ogni schematizzazione programmatica, contro ogni astratta e meccanica imposizione dal di fuori.
Sarebbe vano oggi – sono parole del gennaio I943 – in una situazione interna ed internazionale ancora così fluida, fissare alla democrazia progressiva un programma ed una graduatoria di obbiettivi concreti. Gli obbiettivi della democrazia progressiva non si precisano secondo schemi preconcetti di partito o di classe; si impongono e si imporranno secondo le esigenze nazionali della lotta di liberazione e della ricostruzione. Essenziale è che la classe operaia, classe di governo, non si troverà più in una posizione di minorità politica, reietta ai margini della storia della nazione. La classe operaia, classe di governo, cosciente di costruire la nuova Italia, determinerà, nel giuoco di
un’autentica democrazia, soluzioni nazionali ai problemi che si porranno al nostro popolo sulla via della ricostruzione 3
Nello svolgimento di questo tema, ossia nella determinazione del significato che potevano assumere in una prospettiva italiana «democrazia progressiva» e «dittatura del proletariato», si conclude il lungo viaggio di Curiel: ma per intendere a pieno la conclusione è necessario seguire punto per punto quel viaggio. Continue reading Eugenio Garin: Eugenio Curiel nella storia dell’antifascismo (1965)
 Eugenio Curiel, ritratto di Renato Guttuso
Membro della Direzione del PCI, direttore dell’Unita, organizzatore del Fronte della Gioventù, docente universitario, Eugenio Curiel — assassinato dai fascisti a Milano alla vigilia della Liberazione, quando aveva appena 32 anni — è stato l’esponente più alto di una generazione che ribellandosi alla dittatura ha voluto gettare le basi di un’Italia rinnovata e progressista – Ricordandolo oggi vogliamo sottolineare l’attualità del suo insegnamento e il legame ideale che unisce la lotta di allora a quella che i lavoratori, i democratici, le giovani generazioni conducono per fare avanzare l’Italia sulla strada della democrazia e del progresso Continue reading Luigi Longo: Eugenio Curiel, la Resistenza dei giovani (1969)
 Eugenio Curiel, ritratto di Guttuso
Il 24 febbraio 1945, il comunista Eugenio Curiel fu assassinato a Milano, in piazzale Baracca, da una squadra di «brigatisti neri». Elio Vittorini scrisse un articolo a ricordo del compagno ucciso che uscì su L’Unità e su Epoca Nuova (organo centrale del Fronte della Gioventù) rispettivamente il 9 e il 27 aprile del ’45. II testo, allora, non comparve integralmente nella sua stesura originaria, ma fu pubblicato completo in seguito, in un numero (16, 1945) della rivista Mercurio. Il quotidiano L’Unità lo ripubblicò il 24 febbraio 1965 “per concessione dell’autore”. Vittorini, su Mercurio, aggiunse una breve nota: « La Resistenza nel Nord? Per me significa Eugenio Curiel, la persona a cui sono – stato più vicino dall’autunno del 1943 al febbraio del 1945. Ma non posso fare un discorso nuovo su di lui; mi ritrovo in bocca le stesse parole che dissi quando Curiel venne ucciso. Lo scritto fu pubblicato sul numero de L’Unita clandestina in cui annunciammo la sua morte. Nè fu pubblicato completo; Curiel era in mano loro, sulla tavola dell’obitorio, e si pensò di non dar loro la certezza che proprio quella salma fosse Curiel. La parte dello scritto che non venne pubblicata e qui data in corsivo. “Giorgio” era il nome di battaglia con il quale chiamavamo Curiel (e.v.)»
Continue reading Elio Vittorini: Chi era. In morte di Eugenio Curiel (1945)
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