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Michael Moore: Joker è un capolavoro

Michael Moore sulla sua pagina facebook ha pubblicato una recensione entusiastica e molto politica del film Joker. 

Mercoledì sera ho partecipato al New York Film Festival e ho assistito a un capolavoro cinematografico, il film che il mese scorso ha vinto il premio più importante al Festival di Venezia. Si chiama Joker – e tutto ciò che abbiamo sentito di questo film noi americani è che dovremmo temerlo e starne alla larga. Ci è stato detto che è violento, malato, moralmente corrotto – un’incitazione e una celebrazione dell’assassinio. Ci è stato detto che questo weekend la polizia sorveglierà le proiezioni per essere pronta a intervenire in caso di “problemi”. La nostra nazione è vittima di una profonda disperazione, la nostra costituzione è a pezzi, un pazzo maniaco del Queens ha accesso ai codici delle testate nucleari – ma per qualche motivo, dovremmo aver paura di questo film.

Suggerisco l’opposto: la nostra società sarebbe in un grande pericolo se il pubblico NON andasse a vedere questo film. Perché la storia che racconta e le problematiche che sottolinea sono così profonde, così necessarie, che se voi distogliete lo sguardo da questa geniale opera d’arte perdereste il dono dello specchio che ci sta offrendo. Sì, c’è un clown disturbato in quello specchio, ma non è da solo – noi siamo proprio lì, dietro di lui.

Joker non è un supereroe o supercattivo o un film tratto da fumetti. Il film è ambientato da qualche parte a Gotham City negli anni ’70 o ’80 – e i cineasti non fanno alcun tentativo di mascherarla per qualcosa di diverso da quello che è: New York City, il quartier generale di tutto  il male: i ricchi che ci comandano, le banche e le corporations che serviamo, i media che ci indottrinano con una dieta quotidiana di “notizie” che pensano dovremmo assorbire. Continue reading Michael Moore: Joker è un capolavoro

Enzo Traverso: Il Nuovo Anti-comunismo: Rileggendo il ventesimo secolo

locandina del film Reds di Warren Beatty dedicato al giornalista comunista americano John Reed, autore del più noto resoconto della Rivoluzione d’Ottobre

Dopo la vergognosa risoluzione del parlamento europeo che equipara il comunismo al fascismo mi sembra opportuno socializzare la traduzione di un saggio dello storico Enzo Traverso apparsa nel 2007 nella raccolta History and Revolution. Refuting Revisionism purtroppo mai edita in Italia. Traverso analizza il nuovo anticomunismo divenuto egemone dopo il 1989. In italiano i temi del saggio sono diffusamente trattati nel suo libro Il secolo armato. Sulla risoluzione segnalo mio comunicato  e appello per il rispetto della memoria e della storia che vi invito a sottoscrivere.

Il Nuovo Anti-comunismo. Rileggendo il ventesimo secolo

Enzo Traverso

Come molti analisti hanno osservato con grande stupore, la caduta dell’Unione Sovietica e la fine della guerra fredda non inaugurano un approccio alla storia del XX secolo più ‘obiettivo’, meno orientato dalla passione e dall’ideologia, ma piuttosto una nuova ondata di anti-comunismo: un anti-comunismo ‘militante’, combattente, tanto più paradossale in quanto il suo nemico aveva cessato di esistere. In un certo senso, Parigi è la sua capitale. Ha raggiunto il suo apice nel 1995 con la pubblicazione de Il passato di un’illusione di Francois Furet.1 Due anni dopo è arrivato Il libro nero del comunismo, un’antologia curata da Stephane Courtois, il cui scopo era quello di dimostrare che il comunismo era molto più micidiale del nazismo.2

Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, la vecchia scuola di storici della Guerra Fredda sembra aver riscoperto la sua gioventù, come mostrano La rivoluzione russa di Richard Pipes (1990) e La tragedia sovietica di Martin Malia (1994).3 In questo contesto Ernst Nolte, uno storico conservatore che era stato isolato dal tempo della Historikerstreit della metà degli anni ’80, quando Jurgen Habermas e molti storici tedeschi lo avevano accusato di riabilitare il passato nazista, ha raggiunto improvvisamente una nuova legittimazione.4 Il vecchio revisionismo è diventato accettabile, e anche alla moda. Lodato da Furet in una lunga nota in calce a Il passato di un’illusione, lo studioso un tempo impopolare è oggi molto apprezzato in Francia, dove molti dei suoi libri sono stati pubblicati (da ultimo la sua molto controversa Der Europaische Bürgerkrieg, La guerra civile europea).5

Questi storici non possono essere ammassati insieme senza una spiegazione. In effetti, essi non appartengono nè allo stesso contesto nazionale nè alla stessa generazione intellettuale; inoltre, la qualità  delle loro opere è molto eterogenea. Tuttavia, lo scambio di lettere tra Nolte e Furet6 da un lato e la prefazione di Courtois all’edizione francese di La guerra civile europea di Nolte dall’altro, rivelano una serie di ‘affinità elettive’ e forgiano una sorta di fronte unito nel dibattito storico e politico presente. Al di là  delle divergenze metodologiche, le loro battaglie, come storici ‘impegnati’ convergono su un punto essenziale: l’anticomunismo sollevato al rango di un paradigma storico, una chiave ermeneutica per il XX secolo. Sul banco degli imputati è la rivoluzione russa, affrontata in modi diversi, ma sempre interpretata come il primo passo verso il totalitarismo moderno.

Continue reading Enzo Traverso: Il Nuovo Anti-comunismo: Rileggendo il ventesimo secolo

Trotsky su Fontamara

Bulgaria, 20 luglio 1933

Fontamara

Un romanzo di I. Silone 

Zurigo 1933

Dalla prima all’ultima riga è diretto contro il regime fascista in Italia, contro le sue bugie, la sua violenza. Fontamara non è solo un libro di appassionata accusa politica. La passione rivoluzionaria è elevata qui a tal punto da creare un’opera davvero artistica. Fontamara è solo un povero villaggio abbandonato da dio nel Sud dell’Italia. Nello spazio delle duecento pagine del libro, questo nome diventa un simbolo di tutta la campagna italiana, della sua povertà, della sua disperazione, ma anche della sua indignazione.

Silone conosce molto bene i contadini italiani: i primi 20 anni di vita l’autore, secondo le sue stesse parole, li trascorse a “Fontamara”. Abbellimento e sentimentalismo gli sono estranei. Sa come vedere la vita così com’è, come generalizzare ciò che vede per mezzo del metodo marxista e quindi incarnare le sue generalizzazioni in immagini artistiche. La storia è raccontata dai contadini, dai cafoni, dai poveri stessi. Nonostante l’eccezionale difficoltà di questo stile, l’autore lo esegue come un vero maestro. Alcuni capitoli hanno una forza stupenda!

Questo libro è apparso in Unione Sovietica*? Ha attirato l’attenzione delle case editrici del Comintern? Il libro merita una diffusione di milioni di copie. Ma non importa quale sia l’atteggiamento della burocrazia ufficiale verso le opere di letteratura veramente rivoluzionaria, Fontamara – ne siamo convinti – si farà strada nella burocrazia ufficiale [qualche testo mancante qui]. Contribuire alla diffusione di questo libro è un dovere di ogni rivoluzionario.

L. Trotsky

* Fontamara fu pubblicato in Unione Sovietica nel 1935. In Italia dopo la Liberazione.

In questo articolo trovate ricostruito il rapporto Silone-Trotsky

Woodstok Nation Revisited: Abbie Hoffman, Joan Baez e gli avvoltoi della cultura del capitalismo

di Jonah Raskin 

Vi propongo la traduzione di un articolo del biografo di Abbie Hoffman e autore di un gran bel libro su Howl di Allen Ginsberg uscito su Counterpunch. Si tratta di una rilettura a 50 anni di distanza del libro che Abbie scrisse dopo Woodstock purtroppo mai pubblicato in Italia. Fortunatamente la Shake Edizioni ha pubblicato la bellissima autobiografia di Abbie – lo spirito santo della sinistra americana secondo Norman Mailer – scritta alla fine degli anni ’70 dopo anni di clandestinità. Nell’articolo si fa riferimento a recenti dichiarazioni di Joan Baez, figura simbolo dell’attivismo politico nel movimento per i diritti civili e contro la guerra. Era una militante seria non dedita alla psichedelia e decisamente non entusiasta degli hippies. Raskin giustamente ricorda che c’era anche un’altro modello di militante a Woodstock: Abbie Hoffman fondatore degli Yippies che teorizzavano e praticavano il mix politico tra beat Generation e marxismo, controcultura underground, nuovi comportamenti giovanili hippies e attivismo rivoluzionario. Furono gli Yippies e i settori di movimento come la Hog Farm di Wavy Gravy a gestire l’autorganizzazione di quei giorni. Hoffman successivamente denunciò che i produttori avevano “decaffeinato” il film tagliando tutte le immagini in cui emergevano elementi di politicizzazione. Comunque non solo Joan Baez cantò canzoni esplicitamente politiche a Woodstock. Ricordo tra gli altri Country Joe e Jefferson Airplane (Abbie Hoffman con Grace Slick poco tempo dopo cercò di  infilarsi in un party alla Casa Bianca per mettere lsd nel bicchiere del presidente Nixon). Per non parlare dell’inno americano stravolto in un bombardamento da Jimi Hendrix. Buona lettura!

Il festival musicale di Woodstock, ora un evento leggendario, si è svolto molto tempo fa e i ricordi sono in gran parte svaniti. La folksinger, Joan Baez, non può davvero essere criticata per aver recentemente affermato che a Woodstock “Nessuno stava davvero pensando ai problemi seri”. Vero, non molti, ma nemmeno nessuno. Baez ha anche suggerito in una recente intervista al New York Times di essere stata l’unica a Woodstock a essere preoccupata per la guerra, i diritti civili e il cambiamento sociale. Suo marito, David Harris – che era stato arrestato e condannato per rifiuto della leva militare (un crimine) – stava scontando una pena di 15 mesi in una prigione federale. A Woodstock, Baez cantò a squarciagola. No teenybopper or hippie chick, era una musicista professionista. Era anche incinta e aveva la missione convinta di portare la pace e l’amore nel mondo.

Tuttavia, Baez non era l’unica persona a Woodstock che voleva trasformare il mondo e trasformarlo il prima possibile. Nella sua personale maniera idiosincratica, Abbie Hoffman non era meno impegnato in una rivoluzione della Baez, che ha offerto al Times la sua definizione di rivoluzione. “Una rivoluzione”, ha detto, “implica l’assunzione di rischi e andare in prigione e tutta quella roba che è accaduta nel movimento per i diritti civili e nella resistenza all’arruolamento”. Abbie andò in Mississippi nel 1965. Si oppose alla guerra in Vietnam per anni. Continue reading Woodstok Nation Revisited: Abbie Hoffman, Joan Baez e gli avvoltoi della cultura del capitalismo

Woody Guthrie: Socialismo

Il mio nome è Socialismo*

E sono nato tanto tempo fa

Ma cresco, seppur lentamente

E sono cresciuto lottando. Ma sono sempre stato il tuo figlio più laborioso e più felice

Se, per caso, abbatto una parte della tua casa mentre cresco verso il tuo cielo, non temere

Te la rimetterò a posto meglio di come l’ho trovata

Voglio crescere i miei figli in una casa migliore

Woody Guthrie

21 gennaio 1948

*in italiano nel testo

da Will Kaufman, Woody Guthrie. American radical, Arcana 2012