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C.L.R. James: Lenin e il partito di avanguardia, 1963

C.L.R. James è conosciuto in Italia soprattutto come autore del classico I giacobini neri, la prima storia della rivoluzione degli schiavi a Haiti. Meno per i suoi scritti sull’URSS e il pensiero di Marx e Lenin che pure ebbero un’influenza sotterranea enorme a livello internazionale (per esempio in Francia attraverso Socialisme ou Barbarie e lo stesso Debord) e sullo stesso operaismo italiano o figure di marxisti irregolari come Danilo Montaldi. Harry Cleaver lo pone tra gli esponenti di quella che definisce tradizione dell’autonomist marxism. Questo è un estratto da un articolo scritto da C.L.R. James nel 1963 per il 40° anniversario della morte di Lenin. Ho scritto un profilo di C.L.R. James e consiglio anche intervista al suo biografo Paul Buhle su Jacobin.
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La teoria e la pratica del partito d’avanguardia, dello stato a partito unico, non è (ripeto non) la dottrina centrale del leninismo. Non è la dottrina centrale, non è nemmeno una dottrina speciale. Non lo è e non lo è mai stata.(…)
Il bolscevismo, il leninismo, avevano dottrine centrali. Una era teorica, l’inevitabile crollo del capitalismo nella barbarie. Un’altra era sociale, che per il suo posto nella società, la sua formazione e il suo numero, solo la classe operaia poteva impedire questo degrado e ricostruire la società. L’azione politica consisteva nell’organizzare un partito per realizzare questi obiettivi. Questi erano i principi centrali del bolscevismo. La rigidità della sua organizzazione politica non proveniva dal cervello dittatoriale di Lenin, ma da una fonte meno illustre: lo stato di polizia zarista. Fino all’inizio effettivo della rivoluzione nel marzo 1917, il futuro che Lenin prevedeva e per il quale lavorava era l’instaurazione della democrazia parlamentare in Russia sui modelli britannico e tedesco. Il suo partito sarebbe stato un partito di opposizione in un parlamento che, calcolava, sarebbe stato dominato dai politici borghesi. Gli antileninisti, in realtà sono antimarxisti, possono attribuire a Lenin ogni sorta di impulsi o bisogni psicologici. Tutta finzione. Il bolscevismo fino al 1917 poteva essere d’accordo con Kautsky contro Bernstein, ma accettava in ogni tipo di stato, anche nello stato sovietico, non solo la coesistenza dei partiti politici dei lavoratori, ma di quelli borghesi. Su questo Lenin non mutò mai il suo punto di vista. Dove differiva dai democratici parlamentari era nella sua certezza che in Russia la democrazia parlamentare sarebbe stata raggiunta solo con la rivoluzione. Il bolscevismo attendeva con impazienza un regime di democrazia parlamentare perché questa era la dottrina del marxismo classico: che attraverso la democrazia parlamentare la classe operaia e tutta la popolazione (dico tutta la popolazione) si sarebbero istruite e formate per la transizione al socialismo.
Il bolscevismo, tuttavia, credeva che il rovesciamento dello zarismo non fosse una semplice questione di rovesciare un governo. La Russia aveva bisogno anche di abolire il latifondismo e di abolire l’oppressione delle nazionalità. Questi compiti la rivoluzione e solo la rivoluzione poteva compiere.
Quello che voglio affermare senza ombra di dubbio è che Lenin non ha mai avuto come tesi centrale del marxismo l’istituzione dello Stato a partito unico.
C. L. R. James
Lenin and the Vanguard Party, 1963

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