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Il 1989 di Bianca Bracci Torsi

binca braccitorsi3Il 12 novembre 1989 alla Bolognina Achille Occhetto lanciò la sua famosa svolta. Il 20 novembre si aprono i lavori del Comitato Centrale del PCI in cui viene formalizzata la proposta di modificare nome e simbolo del partito. Bianca – con una lunghissima militanza alle spalle – ne fa parte in qualità di componente della presidenza del Collegio nazionale di garanzia e si schiera tra i contrari. Questo il suo intervento come riportato nel resoconto pubblicato sull’Unità il 22 novembre 1989:

Sono contraria nel merito e nel metodo alla proposta di questa costituente che mi appare nella forma assai poco democratica, nella sostanza molto debole.
Credo anch’io che il dibattito sul nome non sia essenziale, ma é stato fatto in modo che lo diventasse fin dal discorso di Occhetto a Bologna. D’altronde si suole discutere sull’esistenza e nella relazione, nella tua parte prepositiva, c’e’ solo il cambio del nome e l’adesione all’Internazionale socialista senza una riga di programma concreto. Si dice come, ma non con chi, per fare che cosa.Tutti sentiamo la necessità di innovazioni profonde che ci mettano in grado di svolgere ancora il ruolo che è stato del PCI dal dopoguerra in poi e che ci slamo conquistato con le nostre posizioni originali non meno che con un nostro profondo radicamento tra le masse, animati da quel desiderio di libertà,, di giustizia, di democrazia che abbiamo chiamato bisogno di socialismo. Non credo che questo bisogno sia morto, non credo che gli ideali del socialismo siano caduti col muro di Berlino. Credere questo vorrebbe dire che tutta la nostra elaborazione dal ’56 ad oggi – un socialismo che non si identifica col modello sovietico prima maniera, ma che anzi lo contraddice – era falsa e allora davvero avremmo sbagliato tutto, Anche al 18* congresso con il nostro nuovo corso e la sua grande esaltante sfida a coniugare uguaglianza e libertà, ad affermare i valori universali della non violenza e della democrazia. Proprio da questo nuovo corso dobbiamo partire per nuove ampie alleanze con forze e movimenti ai quali proporre un confronto sul diritti dei cittadini, sulla società multietnica, su obiettivi concreti per cambiare una società che non è certo divenuta meno ingiusta nè più rispettosa dei diritti e della dignità dell’individuo. Per far questo è però necessaria una forza politica fortemente radicata nel sociale in grado di rilanciare, partendo dalla sua tradizione e dalla tua precisa identità, una battaglia ideale, valori allentativi, programmi concreti.
Se da questo incontro nascerà una nuova aggregazione di movimenti e individui con una sua proposta politica e un suo nome questo sarà un fatto consequenziale e normale. Ma tutto ciò è oggi prematuro visto che le formazioni politiche della sinistra – Dp, radicali, verdi – non appaiano interessate e l movimenti non ci chiedono come ci chiamiamo, ma cosa vogliamo fare, con chi, contro chi. L’unico a chiederci di cambiare nome, e poi identità e poi ragion d’essere è Psi di Craxi, dal quale d’altronde dipende, allo stato attuale delle cose, il nostro ingresso all’Internazionale socialista, E ci chiede anche di perdere altri voti e la nostra caratteristica di partito di massa per accettare la sua leadershlp in una formazione che della sinistra avrebbe solo il nome. Se come comunisti italiani dobbiamo dare il nostro contributo alla evoluzione positiva sìa dei partiti comunisti dell’Est che della Internazionale socialista, credo sia necessario avere una collocazione autonoma e comunque non subalterna, affrontando assieme alla parte più avanzata della sinistra europea la nuova situazione che si sta delineando e che lascia prevedere lo sgretolamento dei blocchi contrapposti, con un rapporto nuovo e policentrico col Sud del mondo, per aiutare quanti nella stessa Internazionale socialista vogliono una Europa unita, connotata davvero a sinistra e non ritengono che la alternativa ai sommovimenti nell’Est debba risolversi in un ritorno al capitalismo come unica alternativa. Sono convinta che bisogna muoversi in fretta nel creare un ampio movimento per l’alternativa, per un rinnovato radicamento di massa tra vecchi e nuovi ceti, nello scuotere dall’inerzia e dalla rassegnazione questo paese. Possiamo cominciare a farlo, noi Pci, a partire dalle prossime elezioni e dalle lotte contrattuali, dai grandi movimenti per il lavoro e la democrazia. Per rinnovare davvero non servono le parole ma i fatti, ridare ai giovani la voglia di cambiare con l’appoggio di una forza, come Pci, il cui nome ha sempre significato libertà, giustizia, progresso, socialismo.”

Pochi giorni dopo si torna a discutere anche nel comitato federale di Roma. Bianca conferma la sua posizione:

“La bella relazione di Bettini mi ha confermata, con più netta convinzione, nel no già espresso al Comitato Centrale sulla proposta di Occhetto. Credo che il coraggio dell’innovazione non debba essere disgiunto da un’altra altrettanto difficile forma di coraggio: il coraggio di non cedere a facili mode e a sollecitazioni interessate, a mantenere i propri ideali”  (L’Unità il 2 dicembre 1989).

Si arriva al congresso e Bianca aderisce alla seconda mozione Per un vero rinnovamento del PCI e della sinistra, quella promossa da Natta, Ingrao, Tortorella, Chiarante, Magri. Ci sarà anche una terza mozione di Cossutta, la prima ovviamente era quella di Occhetto, Napolitano, D’Alema, Veltroni, Fassino ecc.

Poi ce ne sarà un altro di congresso a fine gennaio 1991 a Rimini che sancisce il definitivo scioglimento del PCI. Bianca è una dei sette compagni che andranno la sera del 3 dal notaio per dare vita a quella che diventerà Rifondazione Comunista.

Bianca l’ho conosciuta allora, sarà stato il 1990. Mi ritrovai d’accordo con lei a quei tempi, e mi conforta che è accaduta la stessa cosa anche in questi ultimi difficilissimi anni.

1 comment to Il 1989 di Bianca Bracci Torsi

  • Una domanda off topic, per cortesia.
    Ieri sono stato al convegno alla CGIL dove hai parlato anche tu.

    Ti volevo chiedere come interpretavi l’affermazione di Fassina che “una socialdemocrazia come quella proposta da Bersani non è più possibile”.

    Secondo te significa che bisogna “abbassare le pretese” perché i rapporti di forza politici sono troppo sbilanciati a nostro sfavore?
    O addirittura, al contrario, che è arrivato il momento di abbandonare i tentativi di mediazione per riprendere una via politica più radicalmente di sinistra (comunista???)?

    Da parte mia credo più nella prima ipotesi ma mi interesserebbe ascoltare la tua idea.

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