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Richiesta di rinvio a giudizio per Catena e D’Ambrosio

D'Alfonso, D'Ambrosio, MariniFangopoli: il PD pescarese rinviato a giudizio

 La richiesta di rinvio a giudizio di Giorgio D’Ambrosio, Bruno Catena e altri esponenti del “partito dell’acqua”, conferma la giustezza della battaglia che portammo avanti contro il project financing relativo alla gestione del depuratore.

Ricordo che il sottoscritto proponeva la gestione diretta da parte del Comune e che l’ACA e l’ATO, guidati da Catena e D’Ambrosio fecero ricorso al TAR facendo leva sui precedenti impegni assunti dal sindaco Carlo Pace.

ATO e ACA rifiutarono di venire incontro alla richiesta da parte del Comune di Pescara di passare alla gestione diretta.

Una volta conferito il depuratore all’Ente d’Ambito (ATO) accadde la cosa che noi denunciammo in anticipo. Invece di gestirlo l’ACA, cioè il gestore unico del servizio idrico integrato, attraverso un project financing D’Ambrosio lo riconsegnò a Di Vincenzo che da tempo immemore lo gestiva per conto del Comune.

In sintesi non bisognava mettere in discussione la gestione privata del depuratore tramandatasi negli anni da centrodestra a centrosinistra.

Attendiamo lo sviluppo delle vicende giudiziarie relative al “partito dell’acqua” che riguardano anche altri esponenti di punta del PD, in particolare quella relativa all’erogazione di acqua contaminata da sostanze pericolose per la salute.

Quel che è certo è che la degenerazione del sistema di potere targato Margherita e DS, ereditato dal PD, nella provincia di Pescara è ormai sotto gli occhi di tutti.

La questione morale non è un’invenzione di Rifondazione o dei giudici, è la triste realtà del PD pescarese di cui Franco Marini dovrebbe finalmente prendere atto.

 Maurizio Acerbo, consigliere regionale PRC

  ……………………..rassegna stampa……………………..

 Fangopoli, chiesto il processo per 25 indagati 
 
Depuratore e appalti: il pm Varone accusa D’Ambrosio, Catena e Di Vincenzo 
 
  di ENRICO NARDECCHIA 
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 PESCARA. Venticinque indagati eccellenti a processo. La Procura chiede il giudizio per imprenditori, amministratori e tecnici accusati di aver «truccato» l’appalto per la gestione del depuratore di Pescara e dato vita a un traffico di fanghi tossici finiti anche fuori regione.
 Tra gli altri reati contestati ci sono anche truffa, abuso d’ufficio, corruzione, falso e violazione delle norme per lo smaltimento dei rifiuti. La complessa indagine vede coinvolti alcuni big del mondo politico e imprenditoriale. Si va dal sindaco di Pianella, ex parlamentare della Margherita ed ex presidente dell’Ato (Ambito territoriale ottimale) Giorgio D’Ambrosio, all’ex presidente dell’Aca (Azienda consortile acquedottistica) Bruno Catena, dal direttore generale dell’Aca Bartolomeo Di Giovanni a Giovanni Di Vincenzo, amministratore dell’azienda «Dino Di Vincenzo&C», indagati per concorso in abuso d’ufficio per l’appalto della gestione del depuratore di Pescara, fino al sindaco di Navelli Paolo Federico, per il quale il pm ipotizza la corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Il pm gli contesta di aver aiutato la ditta Biofert ricevendo in cambio soldi e un tappeto persiano.
 L’indagine, partita dagli appostamenti davanti all’azienda Biofert di Navelli, dove passavano i camion carichi di fanghi provenienti dal depuratore di Pescara, per lo smaltimento, si è poi sviluppata su più fronti. Dal traffico di rifiuti senza autorizzazione (i camion carichi di sostanze pericolose, tra cui anche il cromo esavalente, scaricavano anche in Puglia e Toscana) la Procura è risalita all’origine, al project financing che, sempre secondo le conclusioni dell’accusa, sarebbe stato scelto ad arte per «restringere la platea degli offerenti» e favorire, così, l’impresa Di Vincenzo che a marzo 2006 si aggiudicò la gestione del depuratore per 25 anni. Un affare da 62 milioni di euro. A condurre l’operazione, per il pm, è stato Alessandro Antonacci, dirigente tecnico dell’Ato 4. Per Giovanni Di Vincenzo il pm ipotizza anche i reati di concorso in falsità ideologica, abuso d’ufficio continuato, frode in pubbliche forniture e truffa e trasporto e smaltimento di rifiuti senza autorizzazione, insieme a Gaetano Cardano, legale rappresentante di Biofert e suo collaboratore. Per l’accusa, le imprese Di Vincenzo e Biofert avrebbero conseguito un profitto pari a 2 milioni di euro, «con correlativo pari danno dell’Aca».
 L’inchiesta, passata all’ufficio del pm Gennaro Varone, che ha fatto arrestare il sindaco Luciano D’Alfonso, è stata coordinata e conclusa dal sostituto procuratore Aldo Aceto (ora magistrato giudicante a Larino) e condotta dagli uomini della Forestale di Guido Conti. Parti offese: Lav (Lega antivivisezione), Regione Abruzzo, Ato 4 di Pescara, Aca, associazione Codici. Per le indagini, durate due anni, gli inquirenti si sono avvalsi anche di studi commissionati all’Università dell’Aquila.
 
 da Il Centro, SABATO, 17 GENNAIO 2009
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Doppia inchiesta ambientale, gli atti alla Corte dei Conti 
 
Ipotizzato danno erariale da 600mila euro, s’indaga anche sulla discarica di Bussi 
 
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 PESCARA. Seicentomila euro di risarcimento danni per il fangodotto da 5 milioni mai attivato. Anche la Procura della Corte dei Conti sta esaminando da tempo le carte del caso-Bussi e del fangodotto abbandonato. Le due maxi inchieste della Procura della Repubblica di Pescara sul tema ambientale, quella sull’inquinamento dell’acqua a causa della mega-discarica dei veleni di Bussi e quella sulla gestione dei fanghi del depuratore stanno procedendo su due binari paralleli. Intanto, il vice procuratore generale della Corte dei Conti Massimo Perin ha firmato l’atto di citazione davanti ai giudici della sezione giurisdizionale a carico di tre amministratori pubblici e un imprenditore per la vicenda del fangodotto. Si tratta di Giampiero Leombroni, all’epoca dei fatti dirigente del Comune di Pescara; Mario Mazzocca, nella sua qualità di dirigente dell’amministrazione provinciale; Alessandro Antonacci, come dirigente dell’Ato (Ambito territoriale ottimale) e Giovanni Di Vincenzo, imprenditore. Per i quattro, la Procura della Corte dei Conti ha chiesto la condanna a risarcire 600mila euro di danni (20mila ciascuno gli amministratori e 540mila l’imprenditore) comprensivi della «lesione all’immagine pubblica per la grave inefficienza dimostrata, così come riportato da numerosi articoli di stampa sulla vicenda del fangodotto di Pescara».
 L’altra inchiesta «ambientale» è quella sull’inquinamento dell’acqua potabile della Val Pescara per il sito di Bussi, dove la Forestale ha individuato la discarica chimica più grande d’Europa. L’indagine, alle battute finali, coinvolge 33 persone tra cui D’Ambrosio, Catena e Donato Bartolomeo Di Matteo. (e.n.)
 
da Il Centro, SABATO, 17 GENNAIO 2009
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 L’inchiesta della Forestale sul depuratore. Abuso d’ufficio, corruzione, frode, traffico illegale di rifiuti sono alcuni dei reati contestati
 
 Fangodotto d’oro: chiesto il processo per 25
 
Coinvolti D’Ambrosio e Catena (ex presidenti di Ato e Aca) e l’imprenditore Di Vincenzo

di MAURIZIO CIRILLO

Arriva la richiesta di processo per i protagonisti dello scandalo del fangodotto, un’inchiesta datata 2006 con reati che non andranno a prescrizione prima del 2013.
A firmare la richiesta di rinvio a giudizio è stato il Pm Gennaro Varone che ha ereditato l’inchiesta dal collega Aceto. In totale, a rischiare il processo in questa inchiesta, condotta dagli uomini del comandante Guido Conti della Forestale, sono in venticinque. I principali protagonisti sono comunque gli ex vertici di Ato e Aca e dunque l’ex parlamentare Giorgio D’Ambrosio (Pd), che in questi giorni è impegnato per l’elezione del nuovo segretario regionale del partito e con tutte le annesse questioni legate alla questione morale, e l’allora presidente Aca Bruno Catena (Pd), oltre al direttore generale Aca, Bartolomeo Di Giovanni, e al dirigente Alessandro Antonacci, che dividono il reato di abuso d’ufficio insieme ai due imprenditori, Giovanni Di Vincenzo e Gaetano Cardano (Biofert di Navelli). Fra i personaggi coinvolti nello scandalo fangopoli anche il sindaco di Navelli, Paolo Federico, che deve rispondere però soltanto del reato di corruzione (secondo l’accusa per l’aiuto fornito alla Biofert avrebbe ricevuto «imprecisate somme di denaro e un tappeto persiano»). I reati contenuti nel voluminoso capo di imputazione sono diversi e gravi e vanno dalla turbativa d’asta al falso, dall’abuso d’ufficio alla corruzione, dal traffico illegale di rifiuti alla violazione dei sigilli, e che vengono contestati in maniera diversa ai protagonisti della vicenda giudiziaria e dunque ognuno dovrà rispondere in relazione a singole e diverse contestazioni.
Al centro di fangopoli il depuratore di Pescara e la gara di appalto (20 milioni di euro quanto ad opere da realizzare e 62 milioni di euro per la gestione ultraventennale) che si aggiudicò la società “Dino Di Vincenzo & C.” che, stando all’accusa, sarebbe stata favorita in tutti i modi possibili da Antonacci e dai vertici di Ato e Aca. In sostanza Antonacci avrebbe operato per restringere al massimo la platea degli offerenti «mediante la scelta del project financing, appesantendo la procedura con adempimenti non richiesti dalla legge ed anzi espressamente non consentiti, mettendo le imprese in condizione di non adempiere negli stretti termini da egli imposti, intriducebndo nel disciplinare di gara la previsione di lavori esclusi ab origine e tuttavia destinati a condizionare tempi e modalità di confezionamento delle offerte».
L’impiando del fangodotto, stando sempre all’accusa, sarebbe stato virtuale, nel senso che i fanghi sarebbero stati dirottati alla Biofert di Cardano (personaggio das empre molto vicino a Di Vincenzo) e ad altri impianti. Fra le tante accusa si parla anche di smaltimento, nell’impianto Biofert di Navelli, di fanghi di depurazione provenienti anche da altri impianti e non soltanto da Pescara e di rifiuti derivanti dalla produzione conciaria e tessile con produzione di un prodotto non qualificabile come compost. Spesso, sempre stando a quanto compare nelle accuse, i fanghi sarebbero stati illecitamente smaltiti spandendoli direttamente nei terreni circostanti l’impianto: oltre 5 mila tonnellate di rifiuti.
Questo l’elenco completo degli indagati che dovranno comparire davanti al giudice per le udienze preliminari per conoscere il loro destino: Bruno Catena, Giorgio D’Ambrosio, Bartolomeo Di Giovanni, Gaetano Cardano, Fernando Federico, Giovanni Di Vincenzo, Alessandro Antonacci, Sebastiano Pizzulli, Cosimo Lapiscopia, Riccardo Snidar, Graziano Luci, Costantino Mangifesta, Giustino Ciarciaglini, Abdel Majid Al Akhdar, Roberto e Tiberio Pasqualoni, Gianfranco Corbucci, Rosita Capobianco, Elio Addazio, Maurizio Pierangeli, Paolo Federico, Concetta Menadeo, Dario Capecchi, Massimo Michelini, Marco Scheneider.
 
da Il Messaggero, Sabato 17 Gennaio 2009

 il resoconto di primadanoi: 
http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=18651

 SATIRA: proprio ieri l’On. Giorgio D’Ambrosio

aveva tromboneggiato sulle sorti del PD pescarese

chiedendo che il commissario Brutti se ne tornasse

a Roma. http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=18632

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