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APPENNINO SOTTO ATTACCO

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Chiodi, Letta, Nusca

Questa mattina abbiamo tenuto una conferenza stampa a Pescara insieme alle associazioni ambientaliste e alla CGIL. Eccovi il resoconto.

Il “Protocollo Letta” attacca la natura del Parco Nazionale del Gran Sasso e Parco Regionale Sirente Velino.

L’altolà del Ministero dell’Ambiente, i vincoli ambientali e legali, lo scenario alternativo.

Progetti megalomani e milionari con grandi sprechi di risorse, Italia a rischio procedura di infrazione europea.

Mentre gli amministratori regionali, alcuni sindaci del cratere, sostenuti dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta, hanno annunciano progetti che, ignorando i vincoli ambientali incidono irreparabilmente sulle ricchezze ecologiche delle aree di maggior pregio ambientale della Regione, Associazioni Ambientaliste, movimenti politici, sindacati e comitati di cittadini lanciano una serie di azioni coordinate per contrastare i progetti programmati e delineare uno scenario alternativo di sviluppo duraturo e valorizzazione delle risorse naturali.

Forti e concrete sono le alternative possibili per un territorio già colpito dal terremoto e che ha bisogno di proposte serie e non di visionari e faraonici progetti di sperpero di fondi pubblici, che ne compromettano irrimediabilmente le risorse ambientali.

Lo stesso Ministero dell’Ambiente, in una recente ed esaustiva nota di risposta alle richieste di alcune Associazioni Ambientaliste, ammonisce la Regione Abruzzo e agli Enti Parco interessati, allertando nel contempo la Commissione Europea: secondo il Ministero, nessuna nuova opera può essere autorizzata in deroga alle norme in vigore su Valutazione di Impatto Ambientale, VAS e Valutazione d’Incidenza, giacchè i territori coinvolti sono tutti compresi nella Rete UE Natura 2000.

Sono in corso di predisposizione, a cura di esperti del mondo scientifico ed accademico, dettagliate e concrete linee guida per la tutela e valorizzazione delle risorse ecologiche dell’area aquilana. Una proposta per il turismo e l’economia montana basata sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili, che permetta di conservare la qualità delle risorse naturali all’interno di un’offerta turistica, senza sprechi di risorse economiche ed ambientali e senza sottrarre risorse alla ricostruzione.

Molti i progetti, devastanti e anacronistici, presentati lo scorso febbraio con il Protocollo d’Intesa sottoscritto a Roma, a Palazzo Chigi, il 17 febbraio 2011, con grande enfasi.  Si tratta di progetti già visti, tirati fuori da vecchi cassetti, a scapito della biodiversità e del paesaggio di zone di particolare pregio del territorio aquilano.

Devastanti perché prevedono prioritariamente la modifica permanente del territorio con infrastrutture sciistiche, funiviarie, campi da golf, lottizzazioni nel cuore del sistema delle aree protette dell’Appennino, in aree ricchissime di biodiversità e risorse ecologiche e per questo ricadenti in zone SIC e ZPS, ai sensi di Direttive Comunitarie, e pertanto sottoposte a rigorosa tutela da parte dell’Unione Europea. Nessuna considerazione, neanche un accenno alla tutela delle specie animali e vegetali, nonché degli habitat di importanza comunitaria.

Anacronistici perché in tali progetti non vi è alcuna novità o analisi delle reali condizioni ed esigenze del territorio, ma solo vecchi  progetti più volte bloccati e che oggi si vuole far approvare con procedure di urgenza.

Il Protocollo, pur delineando in premessa, una serie di azioni per la valorizzazione ambientale e agrosilvopastorale, di fatto, poi, nella declinazione programmatico-finanziaria del documento, non fa altro che proporre solo lottizzazioni residenziali, ampliamenti della rete viaria, infrastrutture sciistiche e campi da golf. 

Il cemento ed il movimento terra sono, di fatto, l’unico motore dell’intesa: essa sembra unicamente rivolta a sottrarre risorse programmatiche, alla più urgente necessità di ricostruzione dei Centri storici. Interventi devastanti, a forte impatto ambientale e paesaggistico, sono ancora una volta riproposti come volano di ripresa dell’economia delle aree interne.

Le proposte non sembrano neanche rispondere alle reali necessità di lavoro del territorio.

 

Le criticità rilevate

Le ipotesi di “sviluppo” delineate nel Protocollo appaiono in palese contrasto con il quadro programmatico e pianificatorio vigente a tutti i livelli istituzionali: dalla Legge 394/91 (Legge quadro sui Parchi) ai Decreti istitutivi delle aree protette, dalla Regione alle Provincie ed agli stessi strumenti urbanistici comunali.  Tutti gli interventi, ancorché appena delineati, sono in palese contrasto con gli strumenti vigenti; per il loro devastante impatto abbisognano, inoltre, di una Valutazione Ambientale Strategica (VAS)  preliminare.

Molti sono gli interventi dati per “cantierabili” che non sono stati sottoposti a nessuna verifica tecnico-ambientale specifica, come ad esempio il collegamento sciistico tra le stazioni invernali di Ovindoli e Campo Felice, nel Parco Regionele Sirente Velino o la “Cittadella della Montagna” che si vuole far nascere in pieno Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

A rischio sarebbero ambienti di importanza prioritaria, specie di fauna e di flora particolarmente protette a livello nazionale e comunitario nonchè i corridoi ecologici di grande importanza per alcune specie di animali particolarmente protetti, tra cui, prima di tutto, l’orso bruno marsicano, a causa di interventi in evidente contrasto anche con le raccomandazioni del PATOM (Piano di Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano) approvato e reso esecutivo dalla Regione con DGR n.469 del 14.6.2010.

Alcuni interventi, come i campi da golf in quota, sono stati più volte bocciati perché incompatibili con la vocazione ambientale dei luoghi e palesemente distruttivi delle unicità floristiche e faunistiche presenti sugli altopiani delle Rocche e di Piani di Pezza.

Il Protocollo delinea uno sviluppo che privilegia pochi comuni, senza prendere in considerazione una piattaforma diffusa di interventi ordinari, più moderati e rispondenti al rilancio ed all’incentivazione di quelle poche “resistenze produttive” sopravvissute e alla ripartenza di iniziative autoctone.

I progetti, se realizzati, comporterebbero la cancellazione dei valori ambientali e paesistici grazie ai quali l’Abruzzo è stato definito la Regione dei Parchi e che costituiscono, se correttamente gestiti, la principale risorsa economica di questi territori, come testimoniano i dati del IX Rapporto sul turismo natura, elaborato dall’Osservatorio Ecotur (Chieti, maggio 2011), che vede i parchi e le aree protette come il segmento più rappresentativo del turismo natura in Italia. Intercettare segmenti di domanda turistica in espansione (turismo verde), abbandonando il miraggio della “monocoltura” dello sci è l’unica alternativa praticabile.

 

Non sono considerati gli studi sui cambiamenti climatici e i loro effetti, per i prossimi anni, sul manto nevoso (sempre più scarso nella prima parte della stagione invernale), né sulle già scarse riserve idriche. L’acqua, in montagna, è bene indispensabile alla sopravvivenza delle attività agro-silvo-pastorali, nonché dei fragili e delicati ecosistemi montani, e non può essere dirottata su campi da golf e impianti di innevamento artificiale.

Inoltre, a fronte dell’enorme costo energetico e ambientale dell’innevamento artificiale, non è comunque garantito che l’ampliamento del demanio sciabile produca effetti benefici al turismo dell’area. In Italia, il numero degli sciatori ha subito un netto calo tra il 1997 ed il 2004 con una diminuzione del 24%.

Il Protocollo appare perciò non rispondente alle sue stesse premesse, velleitario per i contenuti e le proposte avanzate e illegittimo per le forme e le procedure ipotizzate.

Mentre è fin troppo chiaro che i costi degli interventi ricadrebbero sugli Enti pubblici, con fondi sottratti al rilancio economico di tutto il cratere, non è stata fatta nessuna considerazione sulla praticabilità economico-ambientale degli interventi. Il Protocollo è privo di qualsiasi analisi economica a favore del modello di sviluppo individuato, mentre ve ne sono decine che dimostrano, al contrario, che si tratta di un’impresa fallimentare.

Pescara, 22.07.2011

Firmato

ALTURA Abruzzo -  CGIL Abruzzo – Circolo Valorizzazione Terre Pubbliche –  Comitato acqua pubblica – Comitatus Aquilanus – Fare Verde onlus – Forum Ambiente e Territorio Sinistra Ecologia e Libertà – Gruppo Naturalisti Rosciolo – Italia Nostra Abruzzo –  LIPU Abruzzo -  Mountain Wilderness Abruzzo – ProNatura Abruzzo – Rifondazione Comunista – WWF Abruzzo

 

 con grande tempismo è intervenuto anche il PD…per rivendicare che tutto il Gran Sasso subisca lo scempio:

Ruffini (PD) chiede di reintegrare risorse per Prati di Tivo: “Il Gran Sasso teramano è stato lasciato senza soldi”
22-07-2011 Ore 13:46

“Il Gran Sasso teramano rischia di restare fuori dai grandi progetti turistici regionali con un ridimensionamento dei fondi a favore delle opere di ammodernamento ed ampliamento degli impianti” è questa la denuncia del consigliere regionale Ruffini, che ha presentato un’interpellanza per chiedere spiegazioni al Presidente Chiodi e Di Dalmazio. Due sono le questioni che Ruffini ha posto in esame: “In data 17 febbraio 2011 – si legge in una nota del consigliere – viene sottoscritto a Roma un Protocollo d’intesa tra Governo, Regione Abruzzo, Provincia dell’Aquila ed altri Enti locali per lo sviluppo degli impianti sciistici dell’aquilano. Nel protocollo vengono individuati 70 milioni di euro per gli investimenti, ma nell’atto non c’è il comprensorio del Gran Sasso teramano. Nel Fas (Fondo Aree Sottosviluppate) c’erano inizialmente finanziamenti pari a 12,5 milioni di euro per la funivia di Prati di Tivo ma nella bozza di giugno (DGR 458/2011) rimodulata dalla Giunta regionale sono diventati 11,4 milioni di euro”.
“Ho chiesto – continua il racconto di Ruffini – se è possibile ripristinare la previsione del Fas pari a 12,5 milioni di euro a disposizione del progetto della funivia di Prati di Tivo e se è possibile inserire con apposito Atto integrativo nel Protocollo d’intesa il comprensorio sciistico del Gran Sasso teramano i cui comuni di Pietracamela e Fano Adriano fanno parte dell’area del cratere a seguito del sisma dello scorso 6 aprile 2009. La Giunta regionale di centro-destra dimostra ancora una volta come la “teramanità” dei vertici politici finora non abbia portato nulla di buono ai cittadini della provincia di Teramo. Il problema è quindi serio perchè se da un parte vengono tagliati i Fas per la funivia dall’altra il comprensorio teramano rischia di non poter accedere ai finanziamenti previsti dagli Accordi di Programma previsti dal Protocollo d’Intesa.
In questa situazione si inserisce anche la vicenda della Gran Sasso Teramana spa, ovvero la società mista che gestisce impianti sciistici ricadenti nei comuni di Pietracamela e Fano Adriano: “I progetti di ammodernamento e ampliamento degli impianti sciistici di Prati di Tivo e Prato Selva che la Gran Sasso teramano spa ha infatti presentato – chiude la nota del consigliere Ruffini – rischiano di non vedere attuazione in quanto queste leggi non hanno copertura finanziaria e nel bilancio regionale è difficile reperirli. Non solo con la diminuzione dei Fas (da 12,5 a 11,4 milioni di euro) e con l’esclusione dal Protocollo d’intesa della montagna, la Gran Sasso Teramana spa si ritrova ad aver contratti mutui onerosi che ora rischiano di indebitare pesantemente la società costretta a versare ogni anno una quota di interessi sui mutui alle banche (pari a 500 mila euro) per gli impianti di risalita di Prati di Tivo già realizzati ed inaugurati. Con il reintegro del Fas la Gran Sasso Teramana spa estinguerebbe il mutuo mentre ora non sa dove andare a trovare l’altro 1,1 milione di euro mancante. Altra soluzione potrebbe essere intercettarli con gli accordi di programma del Protocollo d’intesa, ma il Teramano non è compreso”.

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